La caccia al boss Matteo Messina Denaro passa anche da Sciacca e tra i tanti fiancheggiatori su cui poteva contare ci sarebbe stato anche il collaboratore parlamentare Antonello Nicosia, 48 anni di Sciacca, fermato questa notte insieme ad altre quattro persone dai carabinieri del Ros e dai Finanzieri del Gico nell’ambito dell’operazione “Passepartout”. L’accusa è associazione a delinquere di stampo mafioso.
Antonello Nicosia è il vulcanico collaboratore parlamentare della deputata di Italia Viva Pina Occhionero (che non risulta indagata) ma – secondo quanto svelano le indagini – anche un uomo molto vicino al boss Accursio Dimino, 61 anni, ritenuto il nuovo capo della famiglia mafiosa di Sciacca dopo la condanna a 17 anni di reclusione dello storico capo Salvatore Di Gangi nell’inchiesta Montagna.
Cinque in tutto i fermi disposti dalla Dda di Palermo, procuratore Francesco Lo Voi, aggiunto Paolo Guido e sostituti Geri Ferrara e Francesca Dessì : Accursio Dimino, 61 anni di Sciacca; Antonello Nicosia, 48 anni di Sciacca; Paolo Ciaccio, 33 anni di Sciacca; Luigi Ciaccio, 33 anni di Sciacca; Massimiliano Mandracchia, 46 anni di Sciacca.
Dimino è tornato in libertà tre anni fa dopo aver scontato una condanna a 9 anni e 4 mesi per mafia inflittagli nel 2008 a seguito dell’operazione “Scacco Matto”. Poi, silenziosamente, era tornato in auge aspettando evidentemente il suo momento. Gli inquirenti lo collocano molto ma molto vicino alla primula di Castelvetrano Matteo Messina Denaro con cui già nel 1996 avviò una fitta rete di pizzini.
Ma torniamo al collaboratore parlamentare Nicosia. Secondo gli inquirenti della Dda Nicosia avrebbe avuto una doppia faccia: da un lato apprezzato collaboratore, direttore dell’Osservatorio internazionale dei diritti umani onlus nonché componente del Comitato nazionale dei Radicali italiani; dall’altro si sarebbe messo a disposizione del clan per veicolare messaggi all’esterno dopo aver visitato (proprio in qualità di collaboratore parlamentare) diversi penitenziari in Sicilia.
Agghiaccianti le intercettazioni che vengono fuori dall’operazione denominata “Passepartout”: il collaboratore parlamentare Nicosia insulta il giudice Giovanni Falcone definendo il suo omicidio “un incidente sul lavoro” mentre Matteo Messina Denaro lo indicava con l’appellativo di “primo ministro”.
L’INDAGINE. A partire dalla sua scarcerazione, sono stati documentati i rapporti intrattenuti da Dimino con soggetti mafiosi operanti nel territorio di Sciacca, di Castellammare del Golfo e con taluni personaggi ritenuti contigui alla famiglia mafiosa Gambino di New York.
Con riferimento a quest’ultima articolazione di Cosa Nostra, Dimino si è in particolare relazionato con un soggetto con cui aveva pianificato un’attività criminale che successivamente non è stata portata a compimento a causa dell’improvviso omicidio – avvenuto a New York lo scorso 13 marzo – di Frank Calì (alias FrankieBoy), esponente di spicco della citata famiglia mafiosa italo-americana, evento questo immediatamente comunicato in Sicilia dagli Stati Uniti.
Fra i fatti contestati a Dimino nel provvedimento emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Palermo vi sono le pressioni su imprenditori locali per consentire a imprese riconducibili a propri sodali di ottenere appalti, l’attività di recupero crediti a beneficio di soggetti legati a uomini d’onore, propositi di danneggiamenti e altre attività criminali nei confronti di diversi soggetti per finalità estorsive.
Alcuni colloqui captati nel corso delle indagini svelerebbero inoltre come il DIMINO abbia rappresentato, in passato, l’ala più dura della famiglia di appartenenza, facendo parte del c.d. “triumvirato”, lo storico gruppo di fuoco operante negli anni ‘90 Sciacca.
Nell’ambito delle investigazioni è emersa la figura di Nicosia Antonino inteso Antonello, esponente di rilievo dei Radicali Italiani, pure lui destinatario del provvedimento di fermo in quanto ritenuto organico alla famiglia mafiosa saccense,già noto in quanto, tra le altre cose, condannato in via definitiva alla pena di anni 10 e mesi 6 di reclusione per partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, scarcerato da ormai oltre 10 anni.
Gli approfondimenti investigativi effettuati nei confronti di Nicosia hanno consentito di documentare:
Le attività d’indagine svolte nei confronti di Nicosia hanno quindi permesso di acquisire elementi in merito alla sostanziale affiliazione di quest’ultimo all’organizzazione mafiosa saccense e alla sua contiguità all’omologa realtà castelvetranese, sodalizi questi in favore dei quali Nicosia ha fornito un contributo rilevante anche sfruttando la propria posizione pseudo-istituzionale e il connesso qualificato circuito relazionale.
Nicosia, spendendo titoli docenza anche internazionali, nonché quale appartenente al Comitato Nazionale dei Radicali Italiani e direttore della Onlus Osservatorio Internazionale dei Diritti dell’Uomo (O.I.D.U.), ha operato nell’ambito assistenziale del settore carcerario, accedendo all’interno di alcuni istituti di detenzione e intrattenendo rapporti con operatori penitenziari.
In tale contesto Nicosia:
Come detto sopra, le attività svolte dall’indagato che riguardavano il settore carcerario erano rese possibili, tra l’altro, dal fraudolento utilizzo da parte di Nicosia del rapporto di collaborazione che aveva instaurato con una Parlamentare della Repubblica Italiana.
In virtù di tale rapporto, infatti, Nicosia ha partecipato ad alcune ispezioni carcerarie parlamentari e ha sicuramente fatto accesso all’interno delle carceri di Sciacca (AG), Agrigento, Trapani e Tolmezzo (UD) senza la preventiva autorizzazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e ciò sfruttando le prerogative riconosciute dalle norme sull’ordinamento carcerario ai membri del Parlamento e a coloro che li accompagnano.