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Mafia, gli imprenditori raccontano: “Così ci costringevano a pagare”

C’e’ chi pagava da 10 anni, chi da 20. Chi ha varcato la soglia della caserma volontariamente, chi e’ stato convocato dai militari e non ha retto alla pressione. Chi ha pianto lacrime di liberazione. Sono drammatiche le storie degli imprenditori che hanno deciso di denunciare il pizzo, dando un contributo decisivo all’operazione che oggi ha sferrato un nuovo colpo alla mafia di Corleone. “Sono persone normali che vogliono solo lavorare”, dice Daniele Marannano, di Addiopizzo. “La prima volta che li ho visti, i boss di Corleone, era il 1997. Stavo realizzando – ha messo a verbale uno degli imprenditori – un lavoro per conto dell’Acquedotto di Palermo, mi avevano chiesto 3 milioni delle vecchie lire, il 3 per cento. Gliene diedi solo un milione e mezzo. Tornarono nel 2003, c’era Pietro Masaracchia, mi chiedeva altri soldi. Temporeggiai un po’, quella volta non gli diedi nulla”. “Nel 2014, mi bruciarono due mezzi. Era un segnale chiaro”. Antonino Di Marco, anche coinvolto nell’operazione “Grande passo 4” e ritenuto il reggente a Corleone, le vittime le agganciava al Comune. “Una volta, con la scusa di offrirmi un caffe’, mi porto’ in un sottoscala del Comune di Corleone. Mi disse: vedi – e’ un altro imprenditore che racconta – che qua ci sono io. E mentre diceva queste cose mi faceva il segno dei soldi con le dita. Qualche tempo dopo, gli diedi una prima trance di 5.000 euro”. Il problema del clan, infatti, e’ la cassa. Pochi introiti e tante spese. Il colonello De Riggi ha confermato: “Erano tre le direttrici, ascoltate nelle intercettazioni: “Tutti devono tremare”; “Dobbiamo bussare ad ogni porta”; “dobbiamo dare una lezione a chi non si allinea al nostro diktat”. Il tenente colonnello Mauro Carrozzo, neo comandante del Reparto Operativo del comando provinciale dei carabinieri di Palermo, nei sei anni precedenti e’ stato al comando dell’omonimo reparto del comando di Monreale e conosce a fondo la realta’ del Corleonese, cosi’ lancia il suo appello: “Denunciate il racket, liberatevi da questo peso. Le forze di polizia ed Addiopizzo ci sono, per sostenervi in questo percorso. Sono diverse le operazioni antimafia condotte negli ultimi anni in questo territorio e certamente il dato che emerge e’ che le persone hanno paura di cosa nostra. Ma e’ altrettanto evidente che le istituzioni sono presenti per contrastare l’attivita’ di cosa nostra”.