Morte Borsellino: giudizio revisione assolve gli imputati

Era cominciato con una richiesta di scuse agli imputati rivolta, in aula, dalle procuratrici generali di Catania chiamate a rappresentare la pubblica accusa in giudizio.
Un gesto del tutto inconsueto, come inconsueta e ancora poco chiara è la storia del clamoroso depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio. Le due magistrate si erano rivolte a nome dello Stato a chi dell’eccidio era stato ingiustamente accusato.
Tra sei giorni ricorrerà il 25esimo anniversario dell’attentato in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. Oggi un altro piccolo tassello si aggiunge al puzzle investigativo che avrebbe dovuto far luce su una strage che conta decine di processi celebrati.
A scrivere l’ultimo capitolo è stata la corte d’appello di Catania che ha celebrato il giudizio di revisione.
Reso necessario dalle rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza che ha sconfessato falsi collaboratori di giustizia, anni di indagini e condanne definitive, era stata chiesta dalla procura generale di Caltanissetta che aveva sospeso le pene inflitte, ingiustamente, a nove persone.
Incastrate dalle alterne testimonianze di falsi pentiti come Vincenzo Scarantino, alcuni di loro avevano avuto l’ergastolo. Oggi sono stati tutti assolti.
Chi rispondeva di strage e dei reati collegati ad essa, come Gaetano Murana, Cosimo Vernengo, Natale Gambino, Salvatore Profeta, Giuseppe La Mattina, Gaetano Scotto e Vincenzo Scarantino. E anche Salvatore Candura, condannato solo per il furto della macchina che venne imbottita di tritolo, Giuseppe Orofino, ritenuto responsabile di appropriazione indebita, favoreggiamento e simulazione di reato e Salvatore Tomassello che aveva avuto una condanna per associazione mafiosa.
Le Pg di Catania, alla luce dei nuovi elementi raccolti, avevano chiesto per tutti la revisione tranne che per Tomasello, sostenendo che a suo carico non ci fossero elementi per una valutazione nuova. La Corte d’appello, invece, ha assolto anche lui.
Resta, per chi ne rispondeva, la condanna per mafia che è stata, però, già abbondantemente scontata. Sarà ora la Corte d’appello di Caltanissetta a dover rideterminare la pena, passaggio fondamentale per quantificare i risarcimenti dei danni che chi è stato condannato ingiustamente chiederà. Da risarcire, infatti, saranno solo i danni derivanti dalla ingiusta condanna per strage, visto che quella di mafia è definitiva e non era in discussione.
Se con la sentenza di Catania e con l’assoluzione degli imputati, una verità processuale, almeno sulla fase esecutiva dell’attentato è stata raggiunta, resta aperto il capitolo del depistaggio.
Voluto e ordito da chi non si sa ancora.

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