Blitz “Guardian”: il controllo dei clan sulle aziende agricole: 7 arresti (vd e foto)

E’ stata battezzata ‘Guardian’ l’operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania, contro il clan Madonia.

Sette i pregiudicati di Niscemi arrestati, accusati di associazione mafiosa ed estorsioni aggravate dalle modalita’ mafiose. Le indagini dei poliziotti della Squadra Mobile di Caltanissetta e dei carabinieri del comando provinciale di Ragusa hanno fatto luce sul fenomeno della “Guardiania” nei confronti dei titolari di aziende agricole dei territori di Acate (Ragusa) e Niscemi (Caltanissetta), ai quali veniva imposta l’assunzione, con le mansioni di guardiani, di appartenenti al clan.

In forza del controllo di tutte le attività criminali svolte nel territorio dove erano ubicate le aziende, il gruppo criminale era in grado di garantire alle vittime che non avrebbero piu’ subito i furti e danneggiamenti.

I proventi dell’attività estorsiva erano rappresentati dai compensi che venivano corrisposti ai guardiani assunti: circa 1.000 euro mensili o altre forme di regalie costituite da prodotti agricoli. Gli episodi estorsivi contestati nel provvedimento cautelare sono sei, relativi ad un arco temporale compreso tra il 2001 e il 2015.

L’operazione è stata denominata “Guardian”.

Danneggiamenti e minacce erano frequenti. Gli arrestati imponevano il pizzo anche con l’uso delle armi. Le somme pagate dai proprietari dell’azienda agricola di turno, vittima dell’imposizione della guardiania nelle serre, servivano per pagare la manodopera prestata dagli stessi guardiani (circa mille euro mensili) e per il sostentamento dei familiari del loro capo, il 27enne Sebastiano Montalto detenuto in carcere.

Il particolare interesse di Cosa nostra niscemese nella gestione del ‘servizio’ nelle serre nel territorio niscemese e in quello ragusano, era legato anche alla necessità di mantenere un controllo diretto su un territorio storicamente utilizzato per nascondere i latitanti. Tra i compiti dei guardiani, infatti, c’era quello di individuare i covi nonchè di fornire supporto logistico svolgendo il compito di vivandieri ai numerosissimi latitanti che negli anni si sono rifugiati nella zona, come confermato da numerosi collaboratori di giustizia che hanno riferito della latitanza dei fratelli Alessandro e Daniele Emmanuello, Emanuele Celona e ancora prima, Antonio Rinzivillo, Giovanni Passaro, ed altri nel corso della guerra di mafia degli anni ’90.

Dalle intercettazioni è emerso che il compito dei guardiani era inizialmente finalizzato a causare danni contenuti alla vittima designata, per farle poi capire che era necessario avere protezione se voleva evitare danni ben peggiori. A ogni guardiano una zona di competenza ed era lui, dopo avere appiccato un incendio alle serre prese di mira, a chiamare i vigili del fuoco per arginare il rogo. Altro modo per convincere gli agricoltori gli ingenti furti. Una volta che riuscivano ad imporre le estorsioni, i guardiani collegavano persino gli allarmi installati nelle ditte alle loro utenze cellulari. Uno degli arrestati, Giuseppe Pisano, è il fratello di Vincenzo Pisano, killer di mafia, condannato a 28 anni di reclusione in quanto riconosciuto responsabile del duplice omicidio di Emanuele Trubia e Salvatore Sultano, a Gela il 21 luglio 1999, nella ‘Strage della sala da barba’.

In manette, dunque, Sebastiano Montalto, 27 anni, già nel carcere di Augusta; Francesco Amato, 46 anni, già ai domiciliari, come Salvatore Di Pasquale, 50 anni, Damiano Rizzo, 37 anni, Giacomo Cultraro, 45 anni, Giuseppe Ferrera, 50 anni, e Giuseppe Pisano, 42 anni.

Damiano Rizzo
Francesco Amato
Giacomo Cultraro
Giuseppe Ferrara
Giuseppe Pisano
Salvatore Di Pasquale
Sebastiano Montalto

Gli arrestati sono stati condotti nelle case circondariali di Caltanissetta e di Ragusa.