Giapponesi nella Valle dei templi: una sfida tra classicità e sperimentazione (foto di Diego Romeo)

Opera di Jun Sato

Opera di Yumiko Kimura

Per favore, non ditelo alla Swarovski (con un bel negozio ad Agrigento) che la giapponese Yumiko Kimura può diventare, anzi lo è  già, una temibile concorrente  dei loro gioielli di cristallo, vere opere d’arte della casa di Innsbruk.

E non ditelo alle nostre Accademie di Belle Arti i livelli (di guardia) che può raggiungere oggi la sperimentazione, la creatività e forse anche la “bellezza” per chi riesce a vederla e contemplarla.

Lo dice anche il sindaco di Agrigento Firetto che “questa esposizione intende far incontrare il mito e la storia millenaria di Agrigento, culla di civiltà, con l’arte contemporanea per contribuire alla promozione dell’arte come massima espressione della bellezza!”.

Opera di Yumiko Kimura

Opera esposta

E se ci pensate bene, nonostante la bellezza della politica non si trovi ancora, questa esposizione diventa una sfida collocata così come è stata all’interno della ex scuola rurale di fronte al Museo Archeologico ma ancora più singolare se pensiamo che a pochi metri dall’esposizione ci attende una nuova, speriamo sconvolgente, scoperta di classicità, quello del teatro di Akragas.

Piccole, fortunose  coincidenze dove il caso e la necessità si mescolano alle iniziative per i 150 anni del Trattato di amicizia tra l’Italia e il Giappone e innescano sfide senza fine, scoperte di nuovi linguaggi cui una certa borghesia illuminata, santa patrona di gallery, ci ha proposto negli anni, tra buone cose più o meno intellegibili, ma anche tra “croste” e kitch che è stato giusto esporre per insegnare all’ignaro fruitore il dilemma del paragone. Non solo, ma ci è servita  a scoprire anche la perfidia dei paroloni dei critici di professione che spremono il sugo dalle rape con opinabili dissezioni intellettuali.

Yumiko Kimura e Jun Sato con il sindaco Lillo Firetto

Yumiko Kimura e Jun Sato

Yumiko Kimura e il sindaco Firetto

Ma si sa, nel borgo agrigentino siamo tutti dentro un fazzoletto, guai a far capire qualcosa magari tra le righe, per gli artisti si aggiungerebbe sofferenza a sofferenza e poi apriti cielo! Per questo ci ha sorpreso  per la sua cauta scorrevolezza la presentazione che ne ha fatto del tandem giapponese Yumiko Kimura scultrice e Jun Sato fotografo, Cristina Costanzo curatrice della Mostra “Universi geometrici”.

Di Kimura la Costanzo mette il rilievo “il superamento dei condizionamenti della tradizione, l’uso di materiali non convenzionali e la forte valenza ludica….mettendo in atto lo sconfinamento nello spazio di figure geometriche che si esprimono grazie all’incontro di materiale e immateriale,il vetro e la luce”.

Ancora più forte l’impatto visivo di Jun Sato che “elabora un modello di carta secondo le antiche tecniche orientali dell’origami e del kirigami e successivamente realizza le proprie fotografie digitali su cui interviene con la rielaborazione dei rapporti di luce e colore”.

Insomma, una bella lezione per noi fotografi annegati come siamo a fotografare figuri politici, feste sancalogerine e sagre mandorlate. Di Jun Sato era esposto lo stretto necessario e ci sarebbe piaciuto vedere una sua famosa foto  intitolata “Leica Pietrifiè” che qualche tempo fa diventò un piccolo cult negli ambienti “photographer”.

Ultima notazione, non confondete Jun Sato con l’omonimo Jun Sato capo della  squadriglia Phoenix di “Star Wars” eroe ribelle che partecipò alle battaglie galattiche. Qui di galattico potrebbe risultare la singolar tenzone tra classicità e sperimentazione. Magari delegandola al titolare della Fam gallery, Minacori che del cerchio magico firettiano fa parte e che ama i quadri d’autore come fossero castelli della Loira.

Yumiko Kimura e Yun Sato con Cristina Cistanzo

Per Firetto invece il discorso è all’incontrario, ama i castelli della Loira come fossero quadri d’autore. Una opzione che si può concedere solo la  borghesia illuminata che tenta di fare la rivoluzione non riuscendoci mai.

Per la bellezza “politica” deleghiamo il sempre presente Walter Benjamin, chissà come sarebbe (s)contento oggi della riproducibilità dell’opera d’arte e di Jun Sato che neanche lui “biffa” le sue lastre fotografiche.

testo e foto di Diego Romeo