L’anno del coniglio di Tuomas Kyro

“Vatanescu uscì sul manto nevoso, in mutande e a piedi nudi. Öunap richiuse subito la porta per non disperdere calore, urlandogli dietro che era matto e gli conveniva rientrare prima di prendersi una polmonite. Vatanescu allargò le braccia, fece un giro su se stesso, si lasciò cadere di schiena. Aprì la bocca e sentì i fiocchi sulla lingua. La vita è una favola.”


Vatanescu abbandona casa, figlio, ex moglie e madre, per andare non tanto alla ventura, non tanto in cerca di eccitanti esperienze, ma semplicemente di un lavoro. Abbandona la Romania, una miseria certa, per l’ignoto e un molto incerto benessere. Non pretende tanto, vuole guadagnare abbastanza da poter comperare un paio di scarpe con i tacchetti per suo figlio di otto anni. Un padre deve poter regalare un paio di scarpe da calciatore a suo figlio, vero o no?  Vatanescu ha solo questo in mente in tutte le sue avventure e disavventure. È il pensiero delle scarpe con i tacchetti che lo spinge avanti, che gli dà la forza di resistere. Per uscire dalla Romania Vatanescu ha seguito un russo, ex agente dei servizi segreti, che esporta merce umana, uomini destinati all’accattonaggio, donne per la prostituzione. Va da sé che il vitto non può essere tale da far ingrassare. Va da sé che l’abbigliamento di un mendicante non è sufficiente per proteggere dal clima rigido dei paesi nordici. È il viaggio di un diseredato che mantiene una purezza di cuore e un’onestà rari, di un uomo buono la cui bontà è ben rappresentata dal salvataggio del coniglio contro cui si accaniscono dei ragazzini in un parco – d’altra parte il coniglio in fuga è il doppio animalesco dello stesso Vatanescu. Sono tante le persone che incontra e che lo aiutano, personaggi con una piccola storia loro alle spalle – il cuoco vietnamita, il grassone ex militare, la prestigiatrice, il primo ministro. “L’anno del coniglio” è una parabola del mondo moderno. Ironico, divertente, frizzante, di una leggerezza capace di nascondere abissi di tristezza. L’anno del coniglio è la parodia del celebre romanzo di Arto Paasilinna “L’anno della lepre”.