Si scrive a Sciacca la storia di Agrigento

Intervista di Diego Romeo a Salvatore Sanfilippo autore di “Storia di un Comune italiano, Agrigento”

 

Come mai ha concepito questa storia moderna e contemporanea  di Agrigento?

“Dopo la storia di Sciacca, la città dove sono nato e vissuto, dopo le storie di Castelvetrano e di Ribera, particolarmente vicine a Sciacca, nei rapporti, ho ritenuto che fosse il momento del mio capoluogo di provincia, appunto Agrigento. Si deve capire la molla della appartenenza e della curiosità, da cui parte il mio impegno, se poi vieni a sapere che a fianco ad una storia grandiosa come quella scritta da Giuseppe Picone fin quasi al XX secolo, allora lo stimolo di conoscere l’ultimo secolo è ancora più spiccato. Metti anche il mio vecchio interesse per le storie comunali moderne, ed ottieni la spinta decisiva”.

Ma lei parte da un periodo e da un titolo preciso: “un Comune italiano”.

“E’ vero, per le dette storie sono partito da un modello importante, lo storico Ernesto Ragionieri, che ho conosciuto nei primi anni ’70, al tempo del mio lavoro “Meglio morire in piedi che vivere in ginocchio” (S. F. Flaccovio, Palermo 1975), sulla vita del sindacalista saccense Accursio Miraglia, che il docente universitario toscano voleva ne facessi un saggio storico, invece di un romanzo. L’ho seguito nei consigli datimi per queste mie storie, che seguono alla lettera il suo saggio storico, intitolato “Storia di un comune italiano – Sesto Fiorentino”. Delle storie, cioè, da quando è cominciata a formarsi l’idea di una identità nazionale: modi e tempi della nascita dell’identità nazionale nei vari centri che ho citato. Intanto il fatto di trattare questi centri vicini mi ha aiutato a capire meglio la storia del mio centro e degli altri. Al riguardo mi sono convinto anche che non pochi aspetti delle storie comunali degli ultimi secoli debbono chiarire dei lati oscuri, ancor peggio per degli interessi politici (e familiari) molto pressanti. Agrigento ha la fortuna di avere una storia grandiosa, che va dalle origini a quasi tutto il secolo XIX, “Le memorie storiche agrigentine” (Montes 1880) di Giuseppe Picone (1819-1901), sommo storico e il maggiore erudito della città di Girgenti. Altro saggio storico, che si può dire la sua continuazione, è quello di Gaetano Riggio, “Vita e cultura agrigentina del ‘900” (Caltanissetta-Roma 1978). Si tratta di una elaborazione storica originale ed equilibrata del XX secolo, in cui l’Autore coglie, in estrema sintesi, ma con intensa efficacia, gli aspetti essenziali che hanno animato la città dei templi nel detto secolo. Il libretto, occupando per più della metà il ventennio fascista, risulta la più puntuale e attenta analisi sul regime agrigentino delle camicie nere”.

Ed allora che bisogno c’era di una nuova storia, considerato che accanto a queste fondamentali storie, ci sono i recenti due volumi, che trattano gli “Agrigentini illustri 1890-1940” (2001), curate da Mario La Loggia, che completano quelle due grandi storie su Agrigento, da lei ricordate?

“Si, ci sono altri lavori importanti, che colmano certi vuoti della storia contemporanea di Agrigento, ma è anche vero che – come ricorda Giuseppe Pitrè – la storia non può essere un elenco di uomini, dove si registrano le date delle loro azioni, per quanto eccezionali. Si deve, però, aggiungere che le numerose biografie citate, per la loro completezza e obiettività, rientrano in una trattazione autenticamente storica. La verità è che quando la ricerca storica viene fatta appunto con impegno ed obiettività serve a completare la verità, composita, che ha bisogno sempre di continui aggiornamenti e di una sempre rinnovata visione. Praticamente ho cercato di colmare quei (pochi) vuoti che si presentano in dette storie magnifiche. E cioè, per fare qualche esempio: trattare l’importante pensiero politico di Michele Foderà, che il Picone trascura; approfondire la storia  contemporanea di Gaetano Riggio in alcuni dettagli o passaggi rilevanti, proseguendo decisamente nella seconda metà del ‘900, che lo storico agrigentino ha trattato velocemente; inserire in un contesto storico più ampio alcune delle biografie curate da Mario La Loggia. Ciò vuole significare che sono partito spesso e volentieri da queste valide storie scritte con passione da agrigentini, al fine di rendere più completo il quadro storico del personaggio trattato e della sua epoca. Ma tutto ciò probabilmente non è soddisfacente al massimo. Leggiamo, infatti, giornalmente sui giornali espressioni quali “globalizzazione”, “villaggio globale” e simili. Una storia del XXI secolo, dunque, per quanto particolare, per quanto municipale, non può prescindere da uno sguardo d’insieme, se non al prezzo di rinunciare a una dimensione più ampia, se non universale, e rimanere quindi monca e circoscritta”.

D’accordo. Ma ora ci parli della sua “Storia di un comune italiano -Agrigento”, delle sue qualità.

“A mio avviso, la storia moderna e contemporanea di Agrigento merita una rilevanza che forse non ha mai avuto neanche dai maggiori storici, figurarsi oggi”.

Andiamo ai dettagli. 

“Come ho spiegato nella prefazione, la mia storia di Agrigento comincia dal 1700, allorquando Girgenti (come si chiamava allora), grazie all’opera dei suoi vescovi (Gioeni, Lucchesi-Palli, Granata), in contemporanea con alcuni dei suoi eminenti figli, come Vincenzo Gaglio e i fratelli Foderà, s’immette in un alveo di progresso e di modernità, fino alla conquista dell’identità nazionale e alla dignità dell’uomo qualsiasi. Infatti a Girgenti, dove si dibattè per prima una cultura di governo, che proponeva un sistema razionale, capace di passare dalla legge naturale alla civile. Non fu a Girgenti che si realizzarono le prime forme associative e liberaleggianti (Casina Empedoclea) nell’isola, dove prese piede una delle prime società segrete (L’Unione Italica), che fiorirono in Sicilia ed evidenziarono il contrasto con il regime borbonico passando al processo di unificazione nazionale, che costò sacrifici anche ad alcune famiglie agrigentine. Inoltre dove e da chi furono pubblicati i primi ‘bollettini’ sulle dottrine democratiche, circolanti in Europa, se non dal giornale ‘L’Eguaglianza’ di Girgenti, diretto da A. Riggio?”.

Più precisamente nel XX secolo?

“Nel nuovo secolo XX  non si può dire certo che la città dei templi mancasse di dare un contributo significativo all’esecutivo nazionale (leggi il ministro agrigentino Nicolò Gallo) e al movimento cooperativistico di don  M. Sclafani ed E. La Loggia, che affiancarono l’azione di L. Sturzo. Chi può negare infine il contributo determinante dato dagli agrigentini (G. Ambrosini, E. La Loggia, G. Guarino Amella) nella elaborazione politico-giuridica, relativa all’autonomia regionale? Fu in questo campo che gli agrigentini, nell’immediato secondo dopoguerra, hanno esplicato la loro prorompente vitalità, senza considerare il fatto che la città dei templi ha avuto sempre una tradizione fiorente di giureconsulti ed avvocati, oltre che di politici(magari carrieristi) eminenti, che hanno costituito un pezzo di storia importante per la Regione ed il Paese”.

E sulla storia letteraria?

“Ciononostante non si può dire affatto che si è trascurato l’interesse storico-letterario, dove un suo figlio, Luigi Pirandello, si è seduto sullo scanno più alto (premio Nobel) e un altro figlio, Giuseppe Picone, ha lasciato la testimonianza di quel monumento cittadino che va sotto il nome di “Memorie storiche agrigentine”.

Sono trattate le fasi principali del dopo Unità(dai primi problemi alle agitazioni popolari, dalla discussa età giolittiana, ricca di spunti e conquiste, ai congressi su analfabetismo e delinquenza) fino alla Grande Guerra. La crisi liberale contraddistingue la fase intermedia con l’avvento del fascismo, che ad Agrigento ha avuto un andamento piuttosto casereccio con la venuta di Mussolini, che proprio da allora ha inaugurato in Sicilia un trattamento speciale alla bassa mafia come ai dissenzienti e ai democratici.

Si passa, quindi, dopo la fine del fascismo e la seconda guerra mondiale, alla ripresa della vita democratica ed alla conquista dello Statuto autonomo regionale. Così si arriva alla seconda metà del ‘900, da dove comincia veramente la sconnessa e travagliata storia di Agrigento, che si conclude con la ricostruzione e lo sviluppo della contrada, turbato dalla tragica frana del 1966 e dal fenomeno mafioso, con la crisi dei Notabili, con la contestazione giovanile, nonché con la storia raccontata dai negozi più rinomati di Agrigento, fino agli anni Ottanta del XX secolo, che preannunciano l’avvento della tangentopoli nazionale e locale”.    

Riguardo al confronto con le altre storie comunali di Sciacca, Castelvetrano, Ribera, scritte da lei, cosa si sente di dire?

“Ogni storia – si capisce – ha le sue peculiarità e ha dato il suo contributo al cammino umano, ma alla fine, da un confronto così stretto tra le varie storie contemporanee della nostra contrada, posso dire francamente che la storia di Agrigento, per la ricchezza dei personaggi, per le elaborazioni del pensiero, per la influenza esercitata nella contrada agrigentina, riguardo soprattutto al progresso civile,  è paragonabile solo a quella del capoluogo siciliano, Palermo. Per questo deve essere conosciuta a chi vuole capire il perchè succedono gli eventi e come si muovono le idee”.