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Niente accusa di estorsione per Arnone: processo in arrivo per il reato di violenza privata

Dal primitivo reato ipotizzato di estorsione al ben più tenue reato di violenza privata.

E’ questo l’atto finale della Procura di Agrigento, pubblici ministeri Alessandra Russo e Cecilia Baravelli, che hanno concluso le indagini su una vicenda che ha infiammato l’opinione pubblica e portato in carcere (la prima volta) l’ex ambientalista Giuseppe Arnone. Il rituale avviso che , di solito, prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, è stato già notificato all’indagato.

Per i pubblici ministeri, Arnone ”approfittando dello stato di “minorata difesa, che derivava dalla sua condizione di indagata per estorsione”, avrebbe costretto l’avvocato Francesca Picone a concludere una transazione con cui si impegnava a pagare 50 mila euro per porre fine a una serie di contenzioni e a sottoscrivere un accordo in virtù del quale si faceva consegnare assegni per 14.000 euro. L’ipotesi della Procura è che Arnone, che già aveva diffuso notizie sul caso attraverso un manifesto, avrebbe preteso dei soldi, col pretesto della transazione, minacciando di alzare clamore mediatico.

L’arresto dell’ex esponente politico venne cassato sia dal Tribunale della libertà che dalla Suprema Corte.

Di diverso parere la difesa di Arnone che sostiene come l’inchiesta “si sia squagliata come neve al sole di agosto”.