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Bancarotta, Gdf confisca beni a imprenditore

I finanzieri della Tenenza di Alcamo hanno dato esecuzione alla confisca di beni mobili e immobili nella disponibilità di un imprenditore alcamese, Vincenzo Campo, condannato in primo grado nel febbraio 2014 dal Tribunale di Trapani per reati tributari (omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e dell’IVA) e fallimentari (bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale), in relazione alla gestione di fatto di una società, legalmente rappresentata da un prestanome totalmente estraneo all’amministrazione dell’impresa.

Dopo che già la Corte di Appello, con sentenza del febbraio 2015, aveva confermato il dispositivo di condanna in primo grado, la Corte di Cassazione ha recentemente, sancito l’irrevocabilità della decisione del Tribunale di Trapani, dichiarando inammissibile il ricorso presentato dall’imputato. Quest’ultimo, attualmente in carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso, ha subito una condanna definitiva per delitti tributari e fallimentari, unitamente alla confisca per equivalente di beni mobili e immobili fino al valore di euro 522.000, corrispondente al profitto conseguito con i soli reati fiscali, ossia all’ammontare dell’Ires (imposta sul reddito delle società) risultata evasa negli anni 2007 e 2008 e dell’Iva risultata evasa nel solo anno 2007. I beni confiscati nei giorni scorsi fanno parte di un più ampio patrimonio nella disponibilità dell’imprenditore, già sottoposto a sequestro preventivo nel 2012 ed ammontante in totale ad oltre 850 mila euro. Il sequestro preventivo dei residui beni non oggetto di confisca, il cui valore ammonta a euro 332.000, è stato invece convertito in sequestro conservativo a garanzia del pagamento delle spese di giustizia. Sono stati ora colpiti dal provvedimento di confisca il 50% delle quote sociali di una società di Alcamo, unitamente ai beni ad essa intestati, oltre ad altri beni mobili ed immobili risultati nell’effettiva disponibilità del condannato, tra cui una lussuosa villetta ed un’imbarcazione da diporto a motore.

E’ stato accertato che la società ha aperto conti correnti bancari con il deposito di modeste somme di denaro, sufficienti ad ottenere il rilascio di libretti di assegni tratti dai predetti conti.

Con tali assegni, sistematicamente postdatati e risultati poi privi di copertura, ha pagato l’acquisto da vari fornitori di grossi volumi di merce (per lo più generi alimentari, pneumatici e lubrificanti), successivamente rivenduta sottocosto.