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Bivona, prima la denuncia su Facebook poi l’indignazione: uccisi una decina di cani ritrovati in buste di plastica

La denuncia viene lanciata da una signora del paese su Facebook che posta le macabre foto di cani randagi uccisi, collocati all’interno di buste per la spesa e abbandonati in un terreno di proprietà del demanio.

Cani morti, ammazzati e gettati per terra come spazzatura. E’ quanto successo nelle ultime ore  a Bivona, piccolo paese dell’agrigentino circondato dai monti Sicani. La quiete di una tranquilla comunità come quella bivonese è stata, dunque, squarciata dal macabro ritrovamento delle carcasse di cani, tutti impacchettati e gettati all’interno di un feudo di proprietà del demanio.

Il fatto è stato denunciato da una signora residente nel paese agrigentino che, sul suo profilo Facebook, ha postato una serie di immagini che testimoniano lo sterminio dei poveri cani: si vedono dei sacchi di plastica strappati, dai quali fuoriescono cadaveri di cani in decomposizione. Altre salme si intravedono sparse per il terreno, altre ancora tra i cespugli.

«La colpa di tre o quattro imbecilli non può ricadere sulla città di Bivona, ma sicuramente l’indifferenza o l’omertà ricade su tutti voi. – si legge in uno dei tanti commenti su Facebook in risposta al post della signora che ha denunciato –  Di certo i cuccioli non si infilano da soli dentro i sacchi».

La Polizia Municipale, l’organo competente per casi del genere, fa sapere di aver appreso la  notizia su Facebook  e di non aver ricevuto alcuna segnalazione, fattore essenziale per effettuare le opportune verifiche. Anche perché – spiegano – la zona in questione è recintata in quanto di proprietà del demanio forestale, e per accedere bisogna richiedere l’autorizzazione allegando la denuncia».

Al fenomeno del randagismo, che rappresenta una problematica importante soprattutto in una provincia, come quella di Agrigento, in cui strutture e servizi del genere sono praticamente assenti del tutto o, in alcuni casi, deficitari, va immediatamente trovata una soluzione che sia duratura nel tempo e non un provvedimento tampone.

Difatti, l’odierno caso di Bivona è solamente l’ultimo, in ordine di tempo. Neppure dodici mesi fa, in piena Valle dei Templi, scoppiò il caso dell’avvelenamento di numerosi meticci che, uno dopo l’altro, venivano fatti fuori con il veleno per lumache. Quella volta, per far fronte all’emergenza, fu costituita una task force composta da volontari, veterinari e famiglie.

Oggi,di fronte ad un nuovo, ennesimo, allarme, occorrono soluzioni concrete e definitive.