Blitz ‘Vecchia maniera’, mafia, droga ed estorsioni: 8 arresti (c’è un agrigentino)

Gli agenti della Squadra mobile di Siracusa stanno eseguendo ordinanze di custodia cautelare in carcere a Rosolini, Messina, Novara e Milano nei confronti di persone accusate di agevolare il clan Trigila di Noto.

Gli indagati devono rispondere a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di droga, tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, porto e detenzione illegale di armi ed estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Questi i destinatari della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dei seguenti soggetti: Hamid Aliani, 56 anni, nato in Marocco; Nunziatina Bianca, 62 anni di Noto; l’agrigentino Pietro Crescimone, 57 anni (nato a Lucca Sicula); Elisabetta Di Mari, 55 anni di Siracusa; Giuseppe Lao 48 anni di Rosolini; Said Lemaifi, 51 anni  nato in Marocco (espulso dal territorio dello Stato il 4 dicembre); Angelo Monaco, 64 anni di Rosolini; Antonino Rubbino, 51 anni di Rosolini.

Le indagini sono state condotte dai magistrati della Procura distrettuale antimafia di Catania; è cominciata alle 10,30 al palazzo della questura di Siracusa la conferenza stampa per illustrare i dettagli dell’operazione denominata Vecchia maniera.

La Polizia di Stato di Siracusa, su delega della Direzione distrettuale antimafia di Catania, ha eseguito 8 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti individui accusati, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico di droga, tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, porto e detenzione illegale di armi.

Le indagini sono state condotte dai poliziotti della Squadra Mobile con la collaborazione delle Questure di Milano, Novara e Messina. Sono attualmente in corso le ricerche di altre due persone, di cui una cittadina straniera. Secondo quanto ricostruito dai poliziotti, l’esponente di vertice del clan mafioso dei Trigila, affiancato dalla moglie e da un uomo di sua stretta fiducia, avrebbe dato vita a un’organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, grazie alla quale sarebbe stato in grado di far giungere nella provincia aretusea ingenti quantitativi di droga da immettere nel mercato locale.

I reati contestati sono di associazione finalizzata al traffico di droga, tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, porto e detenzione illegale di armi ed estorsione aggravata dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare il clan Trigila.

Una “Vecchia maniera”, che si basava sui legami instaurati nel corso della lunga carriera criminale con i trafficanti di stupefacenti e sull’intimidazione mafiosa a colpi di arma da fuoco e incendio di mezzi ai danni delle ditte che non si piegavano alle richieste estorsive. L’indagine ha documentato, inoltre, l’esistenza di una seconda associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, composta da cittadini marocchini con base operativa a Milano e ramificazioni su Messina e Novara. Il gruppo, grazie a una vasta e articolata rete di contatti tra l’Italia e il Marocco, era in grado di far giungere sul territorio nazionale rilevanti quantitativi di droga, che venivano ceduti a vari acquirenti presenti sul territorio nazionale. Due degli arrestati risultano, inoltre, gravemente indiziati del tentativo di estorsione, aggravato dall’utilizzo del metodo mafioso, nei confronti dell’impresa impegnata nella realizzazione dello svincolo autostradale di Noto sull’autostrada Siracusa-Gela.

Dalle indagini è emerso infatti che, nella notte tra il 19 e il 20 maggio 2017, un gruppo armato, composto da alcuni dei soggetti arrestati, si era recato nelle aree di cantiere del costruendo svincolo autostradale di Noto esplodendo numerosi colpi di arma da fuoco all’indirizzo dei mezzi della ditta. Accertata pure un’estorsione aggravata dall’utilizzo del metodo mafioso nei confronti di una azienda agricola di Rosolini attiva nella coltivazione, raccolta e lavorazione di prodotti ortofrutticoli.

In tale estorsione, un ruolo chiave sarebbe stato svolto proprio dalla moglie del boss Antonino Trigila, la quale non avrebbe esitato a presentarsi personalmente al titolare dell’azienda, facendo così valere la forza di intimidazione mafiosa e la valenza simbolica derivante dal rapporto di parentela per vincere l’iniziale resistenza della vittima”.