Mafia

Fava: “Su strage Via D’Amelio troppe domande rimaste senza risposta e troppi depistaggi”

“Questa indagine è iniziata con lei, con Fiammetta Borsellino, lo scorso 18 luglio. Era il modo migliore per rendere giustizia alla memoria di Paolo Borsellino”.

Così il Presidente della Commissione regionale antimafia all’Ars Claudio Fava presentando i risultati della Commissione d’inchiesta sulla strage di via D’Amelio. La relazione è composta da 78 pagine ed è divisa in diversi capitoli.

La stessa mano, non mafiosa, che accompagno’ Cosa nostra nell’organizzazione della strage di via D’Amelio potrebbe essersi mossa, subito dopo, per determinare il depistaggio e allontanare le indagini dall’accertamento della verità. Abbiamo raccolto il sentimento di solitudine e di dolore arrivati dai familiari di Borsellino – dice – Per troppo tempo, troppe domande rimaste senza destinatari”.

All’incontro con la stampa era presente, seduta nell’ultima fila, anche Fiammetta Borsellino, figlia del giudice ucciso in via D’Amelio che ha commentato così: “Meravigliosa…”.

Fava ha aggiunto: “Abbiamo ritenuto di dovere indagare sulle responsabilità istituzionali che possono avere accompagnato e protetto questo depistaggio. La prima è il dubbio forte che la stessa mano che ha lavorato per condurre questo depistaggio possa avere accompagnato anche gli esecutori della strage del 19 luglio 1992. Se vi è stata una continuità non è riferibile solo alla costruzione e all’esecuzione della strage ma anche nel depistaggio”.

“La seconda conclusione è che questo depistaggio – prosegue Fava – è stato possibile per un concorso di responsabilità che va oltre i tre imputati al dibattimento di Caltanissetta e i due ‘domini’ dell’inchiesta il procuratore di Caltanissetta, Gianni Tinebra e il capo della Mobile, Arnaldo La Barbera, che non ci sono più. La sensazione è  che oggettivamente alcune forzature processuali e investigative hanno favorito il depistaggio. Una luce su questo avviene soltanto nel 2008, con le dichiarazioni del pentito Spatuzza”.

“Il primo vulnus è che il ruolo dei Servizi è stato penetrante e pervasivo; sembra che la mano che sottrae l’agenda rossa di Paolo Borsellino non sia una mano mafiosa. Il secondo vulnus è che i confronti tra Scarantino e i collaboratori di giustizia sono stati depositati molto tempo dopo, due anni dopo; se tutto questo fosse accaduto prima, forse l’esito sarebbe stato diverso. La regia del depistaggio sulla strage di via D’Amelio comincia ben prima che l’autobomba esploda in via D’Amelio. Questo induce a pensare che ‘menti raffinatissime’, volendo mutuare un’espressione di Giovanni Falcone, si affiancarono a Cosa nostra sia nell’organizzazione della strage, sia contribuendo a successivo depistaggio. Sulla strage di via D’Amelio tanti che avrebbero potuto e dovuto parlare non lo hanno fatto. E di conseguenza ci siamo trovati a prendere atto solo molti anni dopo del depistaggio avvenuto. La sensazione è che il depistaggio sulla strage di via D’Amelio sia il concerto di atti reticenze a tutti i livelli istituzionali, che hanno attraversato la magistratura e le forze dell’ordine. Abbiamo assistito a forzature procedurali molte delle quali hanno favorito il depistaggio. Se qualcuno avesse deciso di parlare in questi anni, saremmo riusciti a scoprire il depistaggio ben prima del 2008, quando ha parlato il collaboratore Spatuzza”

La relazione finale sull’indagine svolta dalla Commissione parlamentare regionale antimafia sul depistaggio relativo alla strage di via D’Amelio è stata approvata all’unanimità.