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Mafia, il boss Vitale: “Ippodromo di Palermo è cosa nostra”

Il pentito Giovanni Vitale l’aveva detto: all’ippodromo di Palermo comanda Cosa nostra. La Procura indaga e la struttura, che sorge ai margini del parco della Favorita, viene chiusa con un decreto formalizzato ieri dal ministero delle Politiche agricole, in cui si parla di “infiltrazioni criminali”. Un passo arrivato dopo la richiesta del 3 marzo della Ires Spa, societa’ che gestisce l’impianto. La motivazione prossima e’ una Supertris truccata, il 24 febbraio, e annullata pochi minuti prima della partenza dai giudici di gara, che avevano rilevato manovre poco chiare tra i fantini e un flusso “strano” di scommesse. Attivita’ sospesa, dunque: perche’ mentre la gara veniva “aggiustata” Vitale, detto ‘il Panda’, aveva riferito le proprie conoscenze sul controllo totale dell’organizzazione criminale all’ippodromo. “Io l’avevo detto – aveva raccontato ai pm l’ex mafioso di Resuttana, parlando di un’altra gara – che facendo quella corsa ci sarebbero stati problemi. C’erano ragazzi nuovi, che avevano preso da poco il patentino. Ma Gioacchino Intravaia aveva per forza ‘scritto’ quella corsa”.
Scrivere una corsa significa “che erano tutte truccate, non ce n’era una che non lo fosse. Al momento in cui noi entravamo all’ippodromo, automaticamente la corsa era truccata. Si vede subito, quando e’ cosi’: era stato ammonito anche il figlio di Tony Corso”, un mafioso di Santa Maria di Gesu’. Non precisa nemmeno di quale gara si trattasse, Vitale. I problemi scatenarono una serie di conseguenze, con maggiori controlli e altre corse fermate: “Avevo detto di evitare, ma niente, non mi ascoltarono. Il figlio di Corso fu denunciato e dopo questo fatto Intravaia non si fece piu’ vedere. Giulio Caporrimo in quel periodo era libero e di questi fatti non sapeva niente, nessuno glielo aveva detto. Quando ci vide, ci rimprovero’: “Avete fatto un macello”. E il bello fu che Intravaia si era messo da parte, come se non fosse stato lui, il responsabile”. Per effetto di queste vicende, Giuseppe Fricano, capo del mandamento di Resuttana, “decise che Intravaia non se ne sarebbe piu’ occupato”. Cosi’ tocco’ a Luigi Gigetto Siragusa, che pero’ non riusci’ a risolvere i problemi, anche se lui di cavalli ne capiva: “Loro sono scommettitori, giocatori, ne capiscono abbastanza, stavano sempre li’, mangiavano li’. Ma ci furono altre corse fermate, lamentele dei guidatori. Le cose non le sapeva fare bene nemmeno lui e anche Gigetto venne allontanato dopo pochi mesi”.

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