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Mafia: nipote prediletto di Provenzano riorganizzava clan: 12 arresti grazie a imprenditori “ribelli” (vd)

Corleone, nell’immaginario collettivo, rappresenta quella terra che, per moltissimi anni, ha rappresentato la “cantera” di Cosa Nostra. I più sanguinari boss, oltre che i più longevi, hanno comandato per decenni su tutta l’Isola. 

Dopo Salvatore Riina, il capo dei capi arrestato nel gennaio 93, e Binnu Provenzano, deceduto lo scorso 16 Luglio, a raccogliere le redini del clan di Corleone ci hanno pensato gli eredi dei due super boss. In particolare, una figura spicca su tutte: è quella di Carmelo Gariffo, nipote prediletto di Provenzano. Proprio lui, ai funerali di “Binnu”, era stato immortalato in prima fila davanti l’urna che conteneva le ceneri dell’ex primula di Cosa Nostra. Un passaggio di consegne quasi.

Nella nottata di oggi, però, sono scattate le manette per 12 persone, compreso Gariffo. A far partire il blitz sono stati 8 imprenditori che hanno rotto le catene del silenzio e hanno, per la prima volta, piantato il dito nei confronti dei loro aguzzini.

Secondo gli investigatori stavano anche progettando un omicidio.

Il blitz ha riguardato il mandamento mafioso di Corleone, con propagini a Chiusa Sclafani e Palazzo Adriano.

L’inchiesta ha consentito di far luce sugli assetti di vertice delle famiglie mafiose del Corleonese ma anche dei rapporti con esponenti di vertice delle famiglie limitrofe. I carabinieri, inoltre, sono riusciti a documentare numerosi reati che provano la capacità di intimidazione e controllo del territorio da parte delle cosche.

CARMELO GARIFFO. Gariffo, nipote di Bernando Provenzano, ha provato a ricostruire il clan di Corleone. Uscito di prigione meno di 3 anni fa, viene intercettato mentre discute, all’interno dello Stadio comunale di Corleone (divenuta base operativa) di appalti, estorsioni e summit da organizzare. Il suo interlocutore, in quel momento, era  Antonino Di Marco, insospettabile dipendente comunale e custode dello stesso impianto sportivo: ““Basta uno, non c’è bisogno di cento”, diceva Gariffo, parlando della riorganizzazione della cosca. E ancora: “Uno perché non mi posso muovere, due perché prima devo trovare una persona adatta eventualmente a comandare… però ciò non vuol dire che noialtri le cose non le dobbiamo fare e dobbiamo cercare di vedere come risolvere la situazione. Non facciamo cose affrettate”.

CORLEONE. Il sindaco di Corleone, Lea Savona, aveva denunciato pressioni ricevute da parte del clan per ottenere un posto di lavoro all’Ente. Il Comune, nonostante le denunce, e’ stato sciolto dal Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, perché ritenuto ormai compromesso nei gangli vitali dell’amministrazioni da parte di Cosa Nostra.

GLI ARRESTATI.  Carmelo Gariffo poteva contare su un gruppo di fedelissimi: l’allevatore Bernardo Saporito, suo fidato  autista; l’operaio forestale stagionale Vincenzo Coscino, da gregario. Il giudice delle indagini preliminari Fabrizio Anfuso ha firmato un’ordinanza di custodia cautelare anche per un altro forestale a contratto, Vito Biagio Filippello. Fra gli arrestati, il capo cantoniere Francesco Scianni, il figlio del capomafia Rosario Lo Bue, Leoluca, e Pietro Vaccaro, gli ultimi due sono allevatori; in cella pure gli omonimi Francesco Geraci, nipote e figlio di un capomafia deceduto, sono imprenditori agricoli. Hanno ricevuto un’ordinanza in carcere per le estorsioni Antonino Di Marco, Vincenzo Pellitteri e Pietro Masaracchia, boss già arrestati qualche mese fa; Masaracchia era stato intercettato mentre parlava di progettare un attentato nei confronti di Angelino Alfano.