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Mafia, trentennale del Maxiprocesso, Natoli: “Parole Buscetta furono atomiche”

Ricorre oggi il trentennale dell’apertura del primo maxiprocesso contro la mafia a PALERMO. Una cerimonia si e’ svolta in piazza XIII Vittime. Il sindaco Leoluca Orlando ha deposto una corona di fiori davanti al monumento ai caduti di mafia. Presenti tra gli altri i vertici del Palazzo di Giustizia, tra cui il procuratore Francesco Lo Voi, il presidente della Corte di Appello Gioacchino Natoli, il Procuratore generale Roberto Scarpinato ed i massimi esponenti delle forze dell’ordine.

“Il 10 febbraio del 1986, giorno dell’avvio del maxiprocesso a Cosa Nostra, fece scoprire come Palermo fosse diventata il centro del mondo. 300 reti televisive avevano chiesto il collegamento con l’aula bunker, oltre 500 giornalisti accreditati; per circa un mese tutti i notiziari aprivano con notizie e commenti che provenivano dal maxiprocesso. Questo diede la misura dell’importanza storica della prima risposta che lo Stato italiano riusciva a dare allo strapotere mafioso dall’Unità d’Italia in poi”. Lo ha detto a ‘Voci del Mattino’ su Radio1 Rai, Gioacchino Natoli, presidente della Corte d’Appello di Palermo, che fu uno dei giudici istruttori del processo. “E’ un’esperienza che ha segnato profondamente me e quei pochi colleghi che ebbero la fortuna di partecipare a quel lavoro straordinario. Nulla fu più come prima. Ricordo il metodo di lavoro di Giovanni Falcone , che era assolutamente straordinario. Tutti gli riconoscevamo un ruolo di leader, per via della sua autorevolezza, della capacità e lucidità nel tracciare le linee-guida, le strategie da seguire nell’istruttoria. Senza ovviamente dimenticare l’altro grande giudice, Paolo Borsellino. Per il maxi processo, Tommaso Buscetta è stato un po’ quello che la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki è stato per gli americani nella seconda guerra mondiale. Cosa nostra per la prima volta veniva svelata e raccontata dall’interno, facendo crollare il mito secolare dell’omertà – ha aggiunto Natoli – I 475 imputati che erano all’Ucciardone si resero contro di essere del tutto esposti alle dichiarazioni non solo di Buscetta ma anche di tutti coloro che ne volessero seguire l’esempio. E infatti, soprattutto dal 1992, il numero dei collaboratori di giustizia crebbe notevolmente. Certo, quando venne emessa la sentenza d’appello (che riduceva sensibilmente il numero delle condanne e l’entità delle pene, ndr) fummo molto colpiti”. “Ma – ha concluso il giudice – l’impianto accusatorio messo in piedi da Falcone e dagli altri colleghi che lo avevano affiancato era talmente solido, con riscontri fondamentali, che consentì poi alla Cassazione di emettere una sentenza con cui sostanzialmente confermava l’impianto del primo grado e annullava molte sentenze di assoluzione del secondo grado”.