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Nuovo pentito Bucceri smonta il mito affiliazione mafiosa: “Non c’è più la santina che brucia”

Vito Bucceri, capo della mafia di Menfi, bracciante agricolo quarantaquattrenne di Menfi, ha iniziato a collaborare con la giustizia ed ha già ammesso di far parte di Cosa nostra.

Ha già ha riempito centinaia di pagine di verbali che cominciano ad avere peso e considerazione.

Uno in particolare, dell’agosto scorso, venti giorni dopo il suo arresto, spiega: “La santina nel nostro territorio non si usa più da tanto tempo e io non l’ho fatto.

Pm: il capo mandamento ed era quando parliamo di affiliazione, una combinazione formale come avviene in quella zona

Bucceri: in quella zona avviene che quando diciamo che gli piace qualcuno così lo avvicinano e lo fanno diciamo prima lo aiutano se ha bisogno di qualcosa che e poi se lo mettono diciamo a disposizione per fare qualche danneggiamento qualche cosa. La cosa che si diceva prima la santina queste cose non esistono, no non esistono più.

Pm: non si usa più per nessuno

Bucceri: almeno in quella zona no. Ora diciamo che fanno le cose di convenienza

Pm: Cioè?

Bucceri: mi conviene avvicinare quella persona perché…

Pm:  Perchè non si fa più la santina?

Bucceri: E non lo so questo non lo so dire so che loro che loro diciamo c’è una persona che la credono diciamo che loro reputano che è capace a fare certe cose e lo avvicinano e lo

mettono in giro così lo provano che se quello funziona poi…

Pm: quindi non c’è una sorta diciamo di cerimonia con santino con il rito no

Bucceri: no

Pm: nemmeno nei suoi confronti c’è stata?

Bucceri: no no nemmeno nei miei confronti è stato fatto questo.

Io venni messo a capo della famiglia mafiosa dal professore Leo Sutera perchè colui che c’era prima Antonino Pumilia era divenuto inaffidabile perchè beveva troppo. Venni messo a capo della famiglia mafiosa direttamente dal professore Sutera prima che questi venisse arrestato nel luglio 2002 e questa cosa mi mise in cattiva luce con Pumilia che si vedeva scavalcato nel suo ruolo. Io su Menfi, dopo che Sutera mi aveva incaricato, mi occupavo di individuare le imprese impegnate nei lavori di avvisare lo stesso Sutera di avvicinare gli imprenditori di mettere la bottiglia con del liquido infiammabile come segnale per convincere gli imprenditori a pagare. Dopo qualche giorno che mettevo il segnale intimidatorio avvicinavo l’imprenditore e con questo mi mettevo d’accordo per il pagamento della tangente. Se l’imprenditore non aderiva prima davo fuoco ad un mezzo da lavoro piccolo escavatore o gruppo elettrogeno e qualora l’imprenditore non si convinceva passavo ad effettuare danni più consistenti”.