Mafia

Palermo ricorda Libero Grassi. La figlia: “Ancora pochi commercianti denunciano il racket”

Ventisette anni fa la mafia uccideva a Palermo Libero Grassi, imprenditore che pagò con la vita il coraggio di aver detto no alla mafia e al pagamento del pizzo. Simbolo di quella Sicilia che si ribella al malaffare, Libero Grassi capì che per sensibilizzare la gente e gli altri imprenditori nei confronti della lotta alla mafia, avrebbe dovuto esporsi mediaticamente rendendo pubblica la sua battaglia. Cosa che fece nel gennaio del 1991, quando il Giornale di Sicilia pubblicò una sua lettera aperta al “caro estortore”, in cui dichiarava apertamente che non avrebbe ceduto alle richieste di denaro avanzate dai clan. Una esposizione che però portò Grassi all’isolamento, in una terra ancora dominata da una mentalità molto distante da quella di oggi. Così, il 29 agosto del 1991, alle 7,30 di mattina, Grassi fu ucciso a Palermo con quattro colpi di pistola mentre si recava a piedi al lavoro. Per il suo omicidio furono arrestati i killer Salvatore Madonia e il complice alla guida della macchina Marco Favaloro. Madonia è stato condannato in via definitiva al 41-bis e con lui l intera Cupola di Cosa Nostra.

Ancora pochi commercianti denunciano il racket”, dice Alice Grassi, ricordando in via Vittorio Alfieri, a Palermo, l’uccisione del padre Libero. Insieme a lei  alla cerimonia hanno partecipato il figlio Davide, il nipote Alfredo, l’ex presidente del Senato Piero Grasso, il prefetto Antonella De Miro, i giovani di Addiopizzo e il sindaco Leoluca Orlando che durante la cerimonia ha affermato: “Un’imprenditore, punto di riferimento culturale, che aveva forte l’etica della responsabilità individuale e rifiutava le logiche di appartenenza, terreno di coltura della Palermo di trenta, quaranta anni fa. Allora Libero Grassi era scomodo e inviso perché lo Stato, l’associazione degli industriali, i partiti avevano il volto della mafia. Oggi la mafia non governa questa città”.