Agrigento, “Uniti per la città”: “Firetto ha lasciato Porto Empedocle piena di debiti e pensa a Roma…”

Illustrate le ragioni che hanno spinto i consiglieri del Gruppo “Uniti per la Città” ad abbandonare la maggioranza che, al Comune di Agrigento, sostiene il sindaco Firetto. Il primo intervento della compagine consiliare è stato quello del capogruppo, Giuseppe Picone. “Forse era un’esperienza da chiudere prima – ha evidenziato – ci siamo attardati per senso di responsabilità, speranzosi che il sindaco potesse rivedere la propria linea di condotta, improntata sin da subito ad un format governativo privo di confronto e di partecipazione democratica. Ma le cose, purtroppo, non sono cambiate, e così di fronte ad un scenario, sempre più all’insegna del decadimento, sia amministrativo che etico, ci siamo guardati in faccia e, con coraggio e dignità, abbiamo maturato la scelta di tirarci fuori”. “Noi abbiamo scelto di stare dalla parte dei cittadini, di non tradire la fiducia della gente”: queste le prime parole di Marco Vullo che poi ha aggiunto: “ci siamo chiamati fuori, pur nella piena consapevolezza di perdere una posizione governativa o poltrone potenzialmente di comodo. Dal punto di vista amministrativo – ha osservato Vullo – Firetto è stato fin qui un clamoroso flop. La città è invivibile. Nelle periferie imperversa il degrado, l’abbandono più totale. Tutte le frazioni sono dimenticate e lasciate al loro triste destino. Servizi inefficienti e territorio mortificato, assieme ai cittadini e agli stessi consiglieri comunali, svuotati del proprio ruolo di indirizzo e di controllo. E poi c’è il protagonismo civico, dal sindaco tanto sbandierato. Le iniziative dei privati certamente sono lodevoli e gradite, ma il Comune non è una associazione che può permettersi il lusso di vivere solo di luce riflessa. E anche sotto il profilo morale la situazione non è migliore. Vorrei ricordare le prescrizioni secondo Firetto: chi ha peccato o è indiziato di peccato non può assumere cariche istituzionali – disse ad inizio mandato. Oggi però in giunta il signor sindaco continua a difendere e a proteggere un assessore come Beniamino Biondi, il quale, manifestando per le strade di Agrigento, aveva gridato allo scandalo contro i costi della politica. Ora, però incredibilmente, questo assessore non si scandalizza per il lauto stipendio percepito mensilmente, tra l’altro in modo immeritato, perché la sua presenza è impalpabile. Ed, ancora, mi chiedo, – sottolinea Vullo – il signor Firetto non si imbarazza per la presenza nell’esecutivo di un assessore che è alle prese con delle vicende giudiziarie?”. A seguire ha preso la parola Gerlando Gibilaro, il quale ha rievocato l’amministrazione Firetto versione Porto Empedocle. “Quel modello tanto decantato si è scoperto essere ora un Comune dissestato, pieno di debiti e con dipendenti e netturbini che non percepiscono gli stipendi – ha spiegato – i giudici contabili tracciano un profilo governativo targato Firetto che non può fare stare tranquilli a chi come noi, ama questa città. E a proposito, mi chiedo: che fine hanno fatto le misure correttive prescritte dalla Corte dei Conti per correggere i numeri del Comune di Agrigento? La situazione è grave perché rischia di esplodere da un momento all’altro. A dicembre la giunta ci aveva consegnato delle carte, poi subito ritirate dopo la sonora bocciatura dei revisori in quanto bollate come buoni propositi, ma totalmente inefficaci. Per non parlare delle innumerevole interrogazioni e mozioni che per il sindaco sono solo e soltanto carta straccia. La gente ci ha votato per avere risposte serie, concrete e non per essere presa in giro con vasi o altri elementi di arredo, frutto, per di più, della generosità di qualcuno. Il tempo è galantuomo – ha affermato Gibilaro – metterà ordine e renderà omaggio alla verità”. “Firetto è un uomo che preferisce amministrare in solitudine – ha detto Angelo Vaccarello – ed è proprio l’isolamento che lo sta politicamente fiaccando e lo porterà a sbattere. Lui vorrebbe usare il Comune di Agrigento come trampolino di lancio per atterrare a Roma. Ma, se non cambierà rotta, rischia perdersi nel cielo delle velleitarie ambizioni e, cosa più grave, – ha concluso Vaccarello – di affondare questa nostra amata e bella città”.