Blitz “Catene spezzate”, tentativo di inquinare le prove della direttrice e dell’amministratore

Sentivano il fiato sul collo Caterina Federico, assistente sociale e Salvatore Lupo, rispettivamente, responsabile della gestione della cooperativa sociale Onlus Suami di Licata e amministratore unico coinvolti nel blitz “Catene spezzate”, ed hanno cominciato a sospettare di una indagine ad opera dei carabinieri sul funzionamento del centro.

In primo luogo, a mettere in allarme i massimi esponenti del “Suami” un repentino quanto imprevisto controllo straordinario motivato dagli investigatori con una probabile fuoriuscita di casa. Quel giorno irruppero nella sede del centro per disabili i Vigilidel fuoco e i militari dell’arma. E fu l’inizio della fine.

Infatti, annotano i pm: Salvatore Lupo concorda con Caterina Federico le modalità di presentazione presso gli Uffici della Stazione Carabinieri di Licata di un esposto finalizzato ad addossare ad una giovane ricoverata la predisposizione di un piano mirato a delegittimare, per scopi personali, la Comunità Suami di Licata:

alle ore 09.15 del 03.02.2015 Caterina Federico contattava telefonicamente  Salvatore Lupo chiedendo se avesse ricevuto la e-mail e se ne condividesse il contenuto in modo tale da poter “fare quella cosa” che doveva “fare” (con riferimento alla presentazione dell’esposto presso la Stazione  Carabinieri);

alle successive ore 09.30 si registra una nuova conversazione nel corso della quale Lupo suggeriva a Federico di rivedere parzialmente l’esposto per “specificare un po’ più approfonditamente il discorso dell’insegnante”;  Federico rassicurava Lupo dicendogli testualmente: “… comunque io ora un pochettino la mano la calco, senza esagerare però …”;  infine Lupo dava un ultimo suggerimento alla Federico raccomandandole di far “verbalizzare” il tutto (ai Carabinieri) e aggiungeva che – se questi ultimi avessero avuto altre cose da sottoscrivere – lei avrebbe dovuto far firmare il tutto anche ai “ragazzi” (“… glielo fai verbalizzare … se hanno altre cose da sottoscrivere, gliele fai scrivere pure ai ragazzi … ”).

Di interesse investigativo è anche la conversazione registrata tra i due subito dopo la presentazione dell’esposto:

alle ore 12.57, appena uscita dalla caserma, la Federico telefonava a Lupo mettendolo al corrente del fatto che i Carabinieri avevano ricevuto solo il suo “verbale e niente altro”; Lupo esternava chiaramente le sue rimostranze dicendo testualmente: “ma qua allora … non ci siamo capiti forse … a noi non interessa quello che vogliono loro, a noi interessa quello che noi vogliamo far verbalizzare”.

Evidenti, ancora, nel corso delle indagini espletate i tentativi posti in essere da Caterina Federico e Salvatore Lupo di influenzare le possibili testimonianze degli operatori scolastici dalle cui dichiarazioni ha preso le mosse il presente procedimento, ingenerando in loro il timore di aver travalicato, nell’esercizio delle proprie funzioni, i limiti di un agire consentito dall’ordinamento.

Sulle esigenze di applicare misura cautelare degli arresti domiciliari, il Pm scrive: concreto ed attuale appare il pericolo che, per le specifiche modalità e circostanze che hanno caratterizzato i fatti rappresentati, gli indagati Salvatore Lupo, Caterina Federico, Angelo Federico, Domenico Savio Federico, Giovanni Cammilleri, senza l’adozione di una misura cautelare idonea rispetto alla natura ed al grado delle esigenze da soddisfare, possano continuare a sottoporre a vessazioni  i giovani disabili inseriti presso la struttura di accoglienza di Licata.

Il Gip Vella ha accolto parzialmente la richiesta: domiciliari per Caterina Federico, divieto di dimora a Licata per gli altri con eccezione del Lupo che è stato interdetto dall’esercitare l’ufficio direttivo della onlus.