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Mafia, i boss intercettati: “Minchia, ieri parole pesanti… pitipum pitipam…”

Dopo un’operazione del passato si era creato un vuoto di potere nelle zone interessate dall’inchiesta che oggi ha portato all’arresto di 62 persone nel palermitano. Con due schieramenti ben distinti. La tensione venutasi a creare tra le due fazioni si risolveva solo formalmente con due riunioni tenutesi il 23 febbraio ed il 9 marzo 2014, tra i due schieramenti, ed in particolare tra il capo della famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato, Ignazio Bruno, con Antonino Alamia, il cassiere, e Giuseppe D’Anna, capo decina, da un lato, e Giovanni Di Lorenzo e Vincenzo Licari, locale imprenditore edile, dall’altro. Nel corso degli incontri veniva stabilita una pax mafiosa nel mandamento della valle dello Jato. Al riguardo, Di Lorenzo cosi’ si esprimeva: “Eh, io sono stato chiamato da un paio (di persone, ndt) per fare appaciare (per fare la pace, ndt)… facciamo l’appaciata (la pace, ndt) e poi si vede!… Domenica ho avuto una riunione, gliel’ho detto, le cose quando sono rapportate, di qua che arrivano da te … Omissis … gli ho detto, triplicano le cose!… Omissis… Gli ho detto, e poi succedono le male lingue!… Minchia,!… Minchia, ieri parole pesanti!… Io non mi spavento di te, tu non ti spaventi di me! Pitipum pitipam… Nca tirami (sparami, ndt), vediamo! Tirami! Se hai l’abilita’ mi tiri!… Ci deve essere un altro incontro per fare un’appaciata con tutti!”. Invero le acquisizioni investigative dimostravano che, nonostante i chiarimenti avvenuti in piu’ occasioni, non si giungeva mai ad una comunione di intenti tra le due fazioni, anzi il contrasto tra loro si riacutizzava, tanto che lo schieramento riconducibile a Salvatore Mule’, nella persona di Giovanni Di Lorenzo, si adoperava per reperire ulteriori armi. Il 4 novembre 2014, lo stesso Di Lorenzo veniva tratto in arresto in quanto sorpreso in possesso di una pistola replica a salve, modello 92 Beretta, modificata e perfettamente funzionante per camerare ed esplodere cartucce calibro 7,65.