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Omicidio Teresa e Trifone, la favarese uccisa da due colpi da vicino

Teresa Costanza e Trifone Ragone sono stati uccisi dai colpi di pistola esplosi anche da posizione molto ravvicinata. Sparati tutti dallo stesso esemplare d’arma, ovvero da una Beretta prodotta prima degli anni ’30. E’ quanto emerso, a grandi linee, nel corso della prima udienza testimoniale celebrata oggi in Corte d’Assise a Udine nel processo a carico di Giosue’ Ruotolo, il militare campano di 27 anni, unico imputato per l’omicidio della coppia di fidanzati di 30 e 28 anni, uccisi la sera del 17 marzo 2015 nel parcheggio del Palazzetto dello sport di via Interna a Pordenone. Un’udienza durata circa sei ore focalizzata essenzialmente sulla ricostruzione delle perizie svolte dai consulenti della Procura, il medico legale Giovanni Del Ben (che ha lavorato insieme al collega Renzo Fiorentino) e il perito balistico Pietro Benedetti. Giosue’ ha fatto il suo ingresso in aula subito dopo la Corte per assistere in maniera composta, seduto al fianco dei suoi avvocati, a tutta l’udienza. Sul suo volto e’ comparso un veloce sorriso solo alla vista del padre, seduto in aula dietro di lui, quando i loro sguardi si sono incrociati. L’udienza si e’ aperta con la proiezione delle immagini dei corpi senza vita dei due ragazzi, mentre il capitano Mauro Maronese – sul banco dei testimoni dopo l’insegnante di yoga che per prima quella sera ha trovato i corpi senza vita dei due fidanzati – illustrava alla Corte i punti in cui sono stati ritrovati i bossoli dei sei proiettili esplosi. Prima, appunto, dell’escussione dei due consulenti della Procura. “La morte e’ stata istantanea”, ha affermato Del Ben. Trifone, ha spiegato ancora, e’ stato raggiunto da tre colpi di pistola al capo, due sicuramente mortali, sparati dalla sua destra, uno anche da una distanza molto ravvicinata di circa 5-10 centimetri. Su Teresa sono stati esplosi due colpi, uno l’ha raggiunta quasi frontalmente, mentre aveva girato la testa verso la pistola; un colpo sparato verosimilmente da destra dalla mano dell’assassino avvicinata all’interno dell’abitacolo. “Sono state acquisite informazioni utili al dibattimento”, ha affermato all’esito l’avvocato Roberto Rigoni Stern, uno dei legali dell’imputato: “Non siamo entrati nel merito della vicenda nella sua complessita’ se non per alcuni aspetti di carattere tecnico che riguardano gli esami condotti sui cadaveri e sulla pistola, che meritano approfondimento e che per la maggior parte sono irripetibili. Sono emerse molte questioni interessanti sia per la difesa che per l’accusa, ma credo che ognuno di noi qui abbia l’obiettivo di ricostruire una verita’ sostanziale in seno al processo”.   “I consulenti hanno confermato l’identita’ dell’arma ritrovata con quella che ha esploso i colpi. La medicina legale ha confermato che c’era la volonta’ dello sparatore di uccidere entrambi”, ha commentato al termine Nicodemo Gentile, legale di parte civile, al fianco dei familiari di Trifone che, dovendo essere sentiti come testi, hanno atteso l’esito dell’udienza all’esterno dell’aula: “L’importante per loro e’ che arrivi la giustizia”.