Bancarotta da 20 mln della Set Impianti: manette per gli imprenditori Ranieri (video)

Gruppo Ranieri

La Guardia di Finanza di Catania ha eseguito stamattina misure cautelari personali nei confronti di 3 imprenditori per il reato di bancarotta fraudolenta.  I provvedimenti scaturiscono dal fallimento della “Set Impianti S.r.l.”, società trasferita a fine 2012 da Augusta (Sr) a Catania  e dichiarata fallita nel novembre 2014 dal Tribunale etneo – su istanza della locale Procura della Repubblica – con un passivo di oltre 20 milioni nei confronti dell’erario.

Destinatari delle misure restrittive sono l’amministratore Antonio Ranieri,  e i figli Francesco e Raffaele, soci della società. Il primo si trovava all’estero e sta rientrando in Italia, i figli invece sono stati posti agli arresti domiciliari.

L’operazione denominata “Gold boat” è coordinata dal pm Fabio Regolo.

La “Set impianti srl” è una società leader nel settore della cantieristica navale. E’ impegnata anche nel campo della costruzione, manutenzione e montaggio di impianti meccanici, chimici, petrolchimici, petroliferi ed industriali in genere.

Le indagini – dirette dai magistrati del gruppo per i “reati contro la criminalità economica” della Procura distrettuale di Catania – sono state svolte dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Catania.

Operazione Gold boat, gli arrestati

Originari della Calabria e trasferitisi ad Augusta una ventina d’anni fa, i Ranieri avevano creato un vero e proprio  impero nel settore della cantieristica navale e della manutenzione degli impianti petrolchimici.

A finire nel mirino della Guardia di Finanza la Set Impianti srl, una delle imprese sorelle di quella che le Fiamme Gialle hanno definito la “galassia Ranieri”.

Avevano tentato di svuotarla del patrimonio e degli attivi, trasferendo due rami d’azienda, dipendenti, commesse e beni su altre aziende del gruppo tutte riconducibili ai tre imprenditori.

A insospettire il gruppo per i “reati contro la criminalità economica” guidato dal sostituto procuratore Fabio Regolo, il trasferimento della sede legale dell’azienda nel capoluogo etneo: nel 2012 i Ranieri trasferiscono, infatti, la sede dell’azienda in un edificio abbandonato del centro storico di Catania.

Si parla di un passivo di circa 20 milioni di euro, per il 95% passivo erariale.

Ad illustrare l’attività investigativa il comandante del nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza il colonnello Nastasia: “Nel 2012, nello stesso anno del trasferimento della sede legale della Set Impianti, i Ranieri creano un consorzio di società. A finanziare l’operazione la stessa Set, in passivo e ormai decotta. A confluire nel consorzio non sono solo le liquidità, ma anche le commesse. A questo vanno a sommarsi la sovrafatturazione e gli emolumenti versati nei confronti dei soci/figli a titolo di rimborsi spese privi di sufficiente documentazione”.

“Significativo esempio delle modalità adottate dai Ranieri – riferisce il sostituto procuratore Fabio Regolo – è il trasferimento di un capannone industriale dal valore di 700 mila euro: valore irrisorio se si pensa alle decine di milioni di euro evasi. Ma è la modalità con la quale viene trasferito che è sintomatica dell’intera azione fraudolenta: il pagamento dei 700mila euro viene fatto da una delle società del gruppo che  il giorno prima aveva ricevuto della stessa Set la somma per pagare l’immobile“.

I due fratelli Ranieri, Raffaele del ’71 e Francesco del ’70, si trovano ad esso agli arresti domiciliari mentre il padre, all’estero per motivi d’affari è di ritorno in Italia dove ad attenderlo ci sono gli inquirenti.

 “Va sottolineato – spiega ancora Regolo – come questo tipo di operazioni sono a tutela dell’imprenditoria sana che decide di non autofinanziarsi non pagando le tasse. Tutti i beni sequestrati saranno utilizzati per far fronte ai pagamenti dei creditori che ancora vantano somme dall’azienda”.

Il procuratore generale Michelangelo Patanè ha tenuto a sottolineare che “l’azienda sequestrata e i suoi oltre 300 dipendenti continueranno a lavorare grazie alla nomina di tre amministratori giudiziari“.

“Lo schema della bancarotta fraudolenta – ha spiegato il colonnello Manna – normalmente lascia dietro di sé morti e feriti, creditori e dipendenti, un tessuto imprenditoriale depauperato. Qui siamo però di fronte ad un sistema più sofisticato: non c’è la classica testa di legno messa a capo della ditta in fallimento un paio di mesi prima dello stesso. Tutte le società sono chiaramente riconducibili alla famiglia Ranieri e l’unico creditore resta lo Stato visto che i dipendenti, tutti di alta professionalità visto il settore specifico dell’azienda, venivano licenziati per poi essere assunti dalle altre aziende del gruppo”.

Il sequestro ha riguardato, nel dettaglio, somme in denaro per due milioni e mezzo di euro, il capannone industriale del valore di 700mila euro e due rami d’azienda per un valore complessivo di 12 milioni di euro.

 

 

i d’azienda aventi ad oggetto, rispettivamente, la costruzione di imbarcazioni e la costruzione e manutenzione di impianti industriali nel settore petrolchimico, per un valore complessivo di 12 milioni di euro e di un capannone industriale, del valore di 700 mila euro.