Calcestruzzi Belice, interrogazione del sen.Marinello: “Giudice ha agito con negligenza”

“Il rinvio disposto dalla Corte di appello di Palermo al 14 aprile 2017 va unicamente a discapito dei lavoratori dell’azienda Calcestruzzi belice dichiarata fallita, che hanno perso il loro impiego. Un periodo di inattività di così lunga durata delle estrazioni e della vendita del materiale potrebbe determinare la perdita del pacchetto clienti che, a causa della persistente temporanea inattività, potrebbero rivolgersi a terzi;

In relazione alla situazione di stallo determinatasi, l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati, in attesa del pronunciamento della Corte di appello, ha individuato una soluzione possibile di transito volta a salvaguardare la prosecuzione delle attività aziendali e ha disposto, con nota prot. uscita n. 7289 del 10 febbraio 2017, una momentanea destinazione del compendio aziendale della fallita Calcestruzzi Belice srl, ad altra società della stessa confisca Cascio, la Inerti srl, che ha lo stesso oggetto sociale della fallita; la Inerti srl ha già predisposto la documentazione richiesta dal distretto minerario per subentrare nei titoli autorizzativi all’estrazione della Calcestruzzi Belice srl e potrà proseguire le attività della società fallita sino alla decisione della Corte di appello e, comunque, sino alla destinazione definitiva del compendio aziendale della fallita.

In tal modo, oltre ad evitare la procedura di decadenza dei titoli autorizzati all’estrazione, gli ex dipendenti della Calcestruzzi Belice potrebbero essere assunti gradualmente dalla Inerti srl;

Ma le caratteristiche di questo fallimento sono singolari: tutto il debito per il quale la magistratura ha stabilito che l’azienda potesse fallire ammonta a 30.000 euro, debito che la Calcestruzzi, prima del sequestro, aveva nei confronti dell’Eni, la quale si è sottoposta a verifica dei crediti.

Il credito è molto modesto per mandare “a gambe all’aria” una struttura come quella della Calcestruzzi Belice, azienda sana con un volume d’affari superiore al 1.200.000 euro all’anno e il giudice che ha disposto il fallimento, ha agito con superficialità e negligenza. La normativa del 2012 imponeva all’azienda di non pagare il debito in attesa della procedura; delle due l’una: o il giudice che ha disposto il fallimento

ignorava l’esistenza della normativa esistente o ha deliberatamente ignorato una rilevante parte di normativa applicabile al caso concreto. A mio avviso, in entrambi i casi vi sarebbero i presupposti per identificare un’azione del giudice lacunosa, aggravata, quantomeno, dalla colpa grave, se non dal dolo.

La situazione ha assunto dei contorni paradossali, nel momento in cui, per cercare di rimediare ad una sentenza dalle conseguenze pesantissime per la collettività, da un lato è intervenuto il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo metropolita di Agrigento, resosi disponibile a pagare il debito dei 30.000 euro della Calcestruzzi Belice; dall’altro, è stata l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ad avanzare proposte giuridiche concrete per evitare la chiusura dell’attività, il licenziamento dei dipendenti e colmare la lacunosa attività della magistratura.

Chiedo se il Ministro della giustizia non ritenga di avviare un’attività ispettiva, per valutare il grado di negligenza dell’operato del giudice che ha emanato la sentenza di fallimento, e rilevare se sussistano i presupposti per promuovere una procedura disciplinare nei confronti dello stesso.”