Cassazione: “Tutino truffava Ssn per farsi clientela”

Matteo Tutino, il medico personale del governatore siciliano Rosario Crocetta, primario di chirurgia plastica alla clinica Villa Sofia di Palermo, sotto inchiesta, con l’accusa di aver eseguito interventi di chirurgia estetica – prestazione esclusa dal Ssn – sui suoi pazienti addossando i costi al Servizio sanitario nazionale e facendosi comunque pagare dei soldi, a parte, dagli stessi pazienti, aveva l’obiettivo di farsi una fama come medico che fa risparmiare chi si rivolge a lui e cosi’ aumentare il suo giro di clientela extra-moenia. Lo scrive la Cassazione.

Ad avviso della Cassazione, inoltre, e’ ben motivata, “coerente e priva di vizi logici”, l’ordinanza con la quale il Tribunale della liberta’ diPalermo, lo scorso 21 luglio, aveva confermato gli arresti domiciliari per Tutino (misura revocata lo scorso nove dicembre), accusato di truffa, peculato e falso. Il chirurgo plastico e’ anche finito al centro di uno scandalo che ha fatto fibrillare Crocetta per una presunta intercettazione, rivelata dall’Espresso, nella quale Tutino avrebbe detto al Governatore che Lucia Borsellino – l’assessore regionale alla Sanita’ siciliana dimessasi il due luglio dopo questa vicenda e sotto scorta per la sua attivita’ di ‘pulizia’ e ‘bonifica’ quando guidava l’assessorato – “va fatta fuori come suo padre”. Ad avviso della Suprema Corte – sentenza 3599 depositata l’altro ieri, 27 gennaio, e relativa all’udienza svoltasi il primo dicembre – l’ingiusto profitto di Tutino consisteva nel conseguire “il risultato di una maggiore notorieta’ professionale in vista di un eventuale e sempre piu’ redditizio sfruttamento economico anche in ambito libero-professionale”. In proposito, la Cassazione osserva che “e’ evidente, data la rilevante esosita’ delle operazioni di chirurgia plastica, che un medico, ben consapevole che non tutti i pazienti sono in grado di permettersi sotto il profilo economico interventi di tale natura, sia in grado di incrementare notevolmente la sua attivita’ libero-professionale e quindi la propria clientela allorquando diventi un fatto notorio che i pazienti da lui visitati privatamente vengano successivamente operati in ospedale senza costi aggiuntivi”. Per la Suprema Corte, inoltre, e’ corretta la motivazione del riesame che ha ritenuto che “le somme versate dai pazienti costituissero il corrispettivo dell’intervento chirurgico eseguito in ospedale e non delle visite e/o medicazioni post intervento, integrando cosi’ l’abuso di ufficio”. “Tale assunto si fonda peraltro – prosegue il verdetto – per i primi tre pazienti non solo sull’argomento logico, da solo comunque sufficiente, che non e’ plausibile che una cifra di tale entita’ (dai duemila ai quattromila euro) potesse essere versata in un’unica soluzione in occasione della prima visita post intervento, tenuto conto che il compenso di Tutino per visita privata era pari a cento euro, ma anche sulle deposizioni degli stessi pazienti che hanno riferito che quello era il prezzo dell’intervento”. Per di piu’, a carico di Tutino – prosegue la Cassazione – ci sono anche “gravi indizi” di falso ideologico per le contestazioni di aver mentito anche per quanto riguardava l’esecuzione degli interventi nei quali era aiutato da un medico spagnolo, il dottor Ochoa, mentre sulle cartelle cliniche scriveva che quello che di fatto era il suo ‘aiuto’ come hanno testimoniato medici e infermieri, era in sala operatoria solo come semplice ‘osservatore’. In questa situazione, secondo la Cassazione, essendo le indagini ancora in corso a dicembre, c’era il rischio di inquinamento probatorio data “l’attivita’ compiuta a tutti i livelli da Tutino per dissimulare il suo agire illecito, non temendo di attivarsi anche con i suoi pazienti istruendoli al fine di evitare che si avesse contezza dei suoi atti illeciti”. Il giorno dopo la revoca dei domiciliari, il chirurgo e’ stato sospeso dall’ospedale.