Corruzione, indagato il sottosegretario ai Trasporti Siri (Lega); guai anche per dirigenti regionali ed imprenditori

La proroga di indagine firmata dal Gip di Roma gli è stata notificata in mattinata.

L’accusa è di corruzione: avrebbe intascato una tangente di 30mila euro in cambio della modifica di un norma che faceva capo al Def sugli incentivi connessi al mini-eolico.

“Sono tranquillo, non so di cosa si tratti”, il commento a caldo del sottosegretario alle Infrastrutture della Lega Armando Siri, l’ideologo della flat tax vicinissimo al leader del Carroccio Matteo Salvini da sei mesi sotto inchiesta nella Capitale.

Il nome di Siri spunta da un’intercettazione disposta dalla Procura di Palermo che, da mesi, indagava su un giro di mazzette che vede coinvolti il “re dell’eolico” Vito Nicastri, imprenditore mafioso che avrebbe finanziato la latitanza del boss Matteo Messina Denaro, e Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia, tra i professori scelti da Salvini per la stesura del programma della Lega. Arata, a Palermo indagato per corruzione, ritenuto socio occulto di Nicastri in diverse attività legate alle energie alternative, parla col figlio Franco. Anche Franco Arata è indagato. I due discutono chiaramente di una mazzetta di 30mila euro. Il dialogo è intercettato e non è chiaro (la conversazione è disturbata) se i soldi siano stati consegnati o debbano essere ancora dati. Il luogo dello scambio sarebbe comunque Roma. E di certo c’è che il destinatario della tangente, almeno nel colloquio, è Siri. Gli inquirenti captano poi una serie di appuntamenti, conversazioni e incontri tra il leghista e Arata.

Il sottosegretario finisce per essere intercettato indirettamente: l’uso delle conversazioni che lo riguardano dovrà essere autorizzato da Palazzo Madama. Per i magistrati di Palermo ce n’è abbastanza per mandare il fascicolo ai colleghi di Roma. Nella sua “duplice veste di senatore della Repubblica e sottosegretario alle Infrastrutture” nella “qualità di pubblico ufficiale” avrebbe asservito “le sue funzioni e i suoi poteri ad interessi privati”, scrivono i pm. In cambio dei soldi, il politico avrebbe dovuto caldeggiare l’inserimento di una norma, in realtà mai presentata, che avrebbe fatto retroagire alla costituzione di una delle società di Arata e Nicastri la data utile per godere di contributi economici nel settore delle energie alternative. Siri, però, non sarebbe stato al corrente dei rapporti tra Arata e l’imprenditore alcamese, che in questi mesi ha continuato a essere intercettato dai pm.

Ai domiciliari per mafia, Nicastri dialogava dal balcone, violando le prescrizioni del giudice, delle sue società e dei suoi affari. Oggi la Procura ha chiesto e ottenuto un aggravamento della misura cautelare. Con lui, con suo figlio Manlio e gli Arata sono indagati 4 tra dirigenti della Regione siciliana e un imprenditore. Tutti al centro, secondo i pm di Palermo, di un giro di tangenti che avrebbero favorito Nicastri e il suo socio occulto nell’ottenimento di autorizzazioni per i suoi business nell’eolico e nel bio-metano.

Ai regionali, perquisiti stamattina, sarebbero andate mazzette dagli 11mila ai 115mila euro. L’inchiesta, che conferma lo spessore criminale di Nicastri e la sua spregiudicatezza nel controllare e “oliare” la macchina regionale, svela il ruolo di Arata, faccendiere con rapporti nella politica nazionale e regionale. E’ Arata insomma la “rivelazione” dell’inchiesta palermitana che non promette ulteriori sviluppi.

Un’indagine per corruzione, dunque, colpisce il sottosegretario leghista a Infrastrutture e Trasporti, Armando Siri, e fa tremare il Carroccio. Gli inquirenti hanno stralciato e inviato a Roma il fascicolo sulla presunta corruzione Siri-Arata, della quale il senatore dichiara di non saper nulla, chiedendo di esser sentito quanto prima dai magistrati Paolo Ielo e Mario Palazzi, titolari dell’indagine, mentre il ministro Danilo Toninelli ritira in via cautelativa le deleghe al sottosegretario.

Secondo chi indaga, in cambio di 30 mila euro da Arata, il senatore del Carroccio avrebbe “asservito” “l’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri ad interessi privati – si legge nel decreto con cui sono state disposte una quindicina di perquisizioni in proprietà di Arata – tra l’altro proponendo e concordando con gli organi apicali dei ministeri competenti per materia (Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, Ministero dello Sviluppo economico, Ministero dell’Ambiente) l’inserimento in provvedimenti normativi di competenza governativa di rango regolamentare (Decreto interministeriale in materia di incentivazione dell’energia elettrica da fonte rinnovabile) e di iniziativa governativa di rango legislativo (Legge Mille proroghe, Legge di Stabilità, Legge di Semplificazione) ovvero proponendo emendamenti contenenti disposizioni in materia di incentivi per il cosiddetto ‘mini-eolico’”.

La norma finita al centro dell’indagine non è stata mai approvata, e gli inquirenti sostengono che Siri non fosse a conoscenza dei rapporti tra Arata e Nicastri, finiti nell’inchiesta di Palermo, ma il fascicolo è un colpo durissimo a uno degli esponenti di spicco della Lega e fa tremare il partito di Via Bellerio proprio mentre si scaldano i motori per la volata di campagna elettorale verso le europee del 26 maggio.

Arrivava ovunque Paolo Arata.

Rapporti in politica di altissimo livello, chiamato dal leader della Lega Matteo Salvini a ideare il progetto del Carroccio sulle Energie, contatti eccellenti con cardinali che contano e persino rapporti con Steve Bannon, ex chief strategist della campagna elettorale di Donald Trump e vice direttore di Goldman Sachs. Ufficialmente docente di Ecologia, da qui la competenza sulle rinnovabili, ed ex parlamentare di Forza Italia, nell’ombra, dicono i pm di Palermo, era socio occulto di un imprenditore a dir poco chiacchierato: Vito Nicastri detto il ‘re dell’eolico’, uno che le potenzialità delle energie alternative le ha intuite negli anni ’90 e che, per i magistrati, avrebbe costruito un impero potendo contare sui buoni rapporti con l’ultimo dei grandi latitanti mafiosi, il boss Matteo Messina Denaro.

La persona più brava dell’Eolico in Italia”, diceva Arata di Nicastri non sapendo di essere intercettato. E, incurante del fatto che l’imprenditore fosse ai domiciliari per concorso in associazione mafiosa, era diventato suo socio tramite una serie di passaggi societari in diverse attività, tutte nel settore delle rinnovabili. Ora i pm gli contestano l’intestazione fittizia aggravata dall’avere agevolato Cosa nostra, oltre alla corruzione di una serie di dirigenti regionali utili per avere le autorizzazioni. Un business quello delle energie pulite in cui l’ex parlamentare aveva coinvolto anche il figlio Franco, che alla Capitale da mesi aveva preferito Alcamo, città in cui Nicastri era ai domiciliari.

Per molto tempo il professore è stato “ascoltato” dai magistrati che hanno potuto avere un’idea della enorme rete di relazioni da lui intessuta. Nello strettissimo rapporto che lo legava ad Armando Siri, sottosegretario leghista, anche lui indagato per corruzione nella tranche romana dell’inchiesta, sembra che fosse lui l’elemento forte. Avrebbe sponsorizzato il politico in ogni sede, anche ecclesiastica. Poi si è dovuto accontentare della sua nomina a sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti e non all’Economia come avrebbe voluto. Sarebbe stato Arata a corrompere Siri per una norma di favore sull’eolico in cambio di 30mila euro. Una mazzetta di cui parla lui stesso col figlio. “Devo ringraziare la Lega per avere liberato la mia regione da un giogo”, disse a un convegno dopo la vittoria di Toti in Liguria, Arata, genovese d’origine.

Questi gli indagati nell’ambito dell’inchiesta dei pm palermitani sul giro di mazzette alla Regione siciliana per progetti relativi alle energie alternative e che vede al centro l’imprenditore alcamese Vito Nicastri, che sarebbe vicino al boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro, oggi tornato in carcere: Paolo Franco Arata, 69 anni, professore, consulente della Lega sull’energia ed ex parlamentare di Fi, il figlio Francesco Paolo, 39 anni che si era trasferito da Roma ad Alcamo; Giacomo Causarano, 70 anni; l’imprenditore Francesco Isca, 59 anni; Angelo Giuseppe Mistretta, 62 anni; Manlio Nicastri, 32 anni, figlio di Vito e Alberto Tinnirello, 61 anni, funzionario regionale, prima al Dipartimento dell’Energia. Sono accusati a vario titolo di corruzione e intestazione fittizia, Isca risponde di associazione mafiosa. Sono in corso perquisizioni negli uffici regionali.