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Lampedusa, appello-denuncia sulla questione migranti

Situazione intollerabile a Lampedusa per quanto riguarda la violazione dei diritti dei migranti arrivati nell’Hotspot sperimentale nell’ultimo periodo. A denunciarlo sono molte realta’ sociali e religiose. “Nelle ultime settimane sono arrivate a Palermo, ma anche a Catania e in altre citta’ della Sicilia – si legge nel documento congiunto -, decine di persone provenienti da Mali, Gambia, Pakistan, Somalia, Eritrea, Nigeria, con in mano solo un decreto di respingimento differito che intima di lasciare il territorio italiano dalla frontiera di Roma Fiumicino entro 7 giorni. Provengono tutte da Lampedusa, dove sono arrivate dopo essere state intercettate in mare e portate sull’Isola”. “A questi migranti non e’ stato consentito di fare richiesta di protezione internazionale – continua la nota – nonostante siano entrati in contatto con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Raccontano di essere stati informati della possibilita’ di chiedere asilo, ma di non aver avuto modo di farlo realmente. Raccontano di essere stati invece costretti a firmare un foglio di cui non hanno compreso il contenuto perche’ in una lingua a loro sconosciuta”. Tra gli attivisti, Borderline Sicilia Onlus, Centro salesiano Santa Chiara di Palermo, Circolo Arci Porco Rosso di Palermo, Ciss – Cooperazione Internazionale Sud Sud, Comitato Antirazzista Cobas (Palermo), Comitato NoMuos/NoSigonella, Forum Antirazzista di Palermo, La citta’ Felice(Ct) – Le citta’ vicine, L’Altro Diritto Sicilia, Laici Missionari Comboniani, Palermo Senza Frontiere, Rete Antirazzista Catanese confermano cio’ che e’ stato gia’ denunciato da Asgi, A Buon Diritto e Oxfam in un rapporto dettagliato. “Queste persone sono state quindi abbandonate alla stazione di Agrigento – spiegano – o in altre piccole stazioni dell’agrigentino, con il solo decreto di respingimento in tasca. Un decreto avverso il quale gli avvocati delle reti di sostegno siciliane hanno gia’ presentato ricorso perche’ del tutto illegittimo e incostituzionale. Nel frattempo, centinaia di migranti in maggioranza eritrei sono illegalmente detenuti a Lampedusa per settimane, perche’ si rifiutano di farsi prendere le impronte digitali: non perche’ abbiano qualcosa da nascondere, ma perche’ vogliono raggiungere i loro cari che si trovano in altri paesi dell’Unione europea senza restare imbrigliati nelle maglie del regolamento cosiddetto Dublino 3 o dell’ambigua promessa di ricollocamenti mai avviati realmente se non in pochissimi casi usati dal governo a fini propagandistici”. Le associazioni avanzano alcune richieste precise e cioe’ che “ogni migrante in qualunque luogo d’Italia abbia immediato ed effettivo accesso alla richiesta di protezione internazionale”; “vengano revocati tutti i decreti di respingimento differito fino ad oggi consegnati sulla base del sistema Hotspot lanciato a Lampedusa; cessino immediatamente le prassi di rilascio dei decreti di espulsione notificati ai richiedenti asilo nel momento stesso in cui la loro domanda viene dichiarata ‘manifestamente infondata’; nessuna violenza sia autorizzata nel prelievo delle impronte digitali, e il governo italiano rivendichi invece in Europa la cancellazione del Regolamento Dublino in tutte le sue versioni”. A sostenere tutta la preoccupazione per quanto si sta verificando a Lampedusa e’ stata anche, in occasione della Giornata del migrante, svoltasi venerdi’ scorso, l’attivista e ricercatrice universitaria Alessandra Sciurba. “Nell’Isola si e’ attivato questo sistema Hotspot totalmente illegittimo perche’ nessuna prassi che incide cosi’ tanto sui diritti delle persone puo’ essere attivata senza una fonte giuridica – spiega -. In questo momento abbiamo soltanto delle decisioni del Consiglio europeo e un’agenda ma non abbiamo nessun regolamento nazionale o europeo. Assistiamo ad una violazione continua dei diritti delle persone. I presupposti dell’Hotspot dovevano essere il velocissimo ricollocamento degli aventi diritto in Europa e la velocissima espulsione di tutti gli altri. Il primo nodo e’ che non e’ possibile decidere chi ha diritto ad accedere alla procedura d’asilo e chi no nel giro di cinque giorni all’interno di un centro. Non si puo’ decidere sulla base del colore della pelle nel senso che chi e’ sub-sahariano non ha diritto d’asilo e chi e’ piu’ chiaro, cioe’ proveniente dal Corno d’Africa si’, perche’ cosi’ si creano mostri da entrambe le parti. Come dimostra la recente protesta degli eritrei, quest’ultimi non hanno alcuna intenzione di essere identificati e vogliono raggiungere le loro famiglie nel resto dell’Europa”.

“La cosa ancora piu’ grave e’ quello che sta succedendo a coloro a cui e’ stato impedito l’accesso alle procedure di asilo – continua la ricercatrice -. Sulla base della nazionalita’ presunta viene dato questo decreto di respingimento differito che ordina di lasciare l’Italia da Fiumicino. Queste persone da Lampedusa vengono portate ad Agrigento dove gli viene detto di andare a Palermo per potere fare ricorso al Tar. Una cosa non vera perche’ trattandosi di liberta’ personali la competenza e’ del giudice ordinario. Si tratta, quindi, di persone ‘clandestinizzate’ dal sistema, sole, disperate che non sanno cosa fare”. “Nell’ultimo periodo a Palermo e’ arrivato un gruppo di gambiani – conferma pure Fausto Melluso dell’Arci di Palermo – fotosegnalati, provenienti da Lampedusa, vittime di questi provvedimenti. Si tratta di persone fortemente ‘clandestinizzate’ da un sistema che non gli permette di chiedere asilo. Attraverso un numero verde dell’Arci e’ stato possibile aiutarle. Abbiamo attivato, cosi’ una rete di aiuto e di sostegno legale e sociale che non ha intenzione di abbandonarli”.