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Mafia, arresti Corleone: contrasti tra le famiglie Provenzano e Riina

L’operazione dei carabinieri “Grande Passo 3” ha consentito a investigatori e inquirenti di individuare quello che e’ ritenuto l’attuale capo del mandamento mafioso di Corleone, nel palermitano. Si tratta di Rosario Lo Bue, fratello di Calogero gia’ condannato per favoreggiamento nei confronti del boss, Bernardo Provenzano. Rosario Lo Bue era gia’ stato tratto in arresto nel 2008 nel corso dell’operazione “Perseo”. Successivamente assolto in via definitiva in virtu’ dell’inutilizzabilita’ delle intercettazioni, ha fatto immediato rientro a Corleone. Nel corso delle indagini, secondo quanto reso noto dagli investigatori, si e’ dimostrato essere “capo assolutamente carismatico e fautore di una linea d’azione prudente”, continuando cosi’ nella linea di comando lasciatagli da Bernardo Provenzano. Proprio questo suo modo di condurre le attivita’ del mandamento avrebbe creato non poche fibrillazioni in seno alla famiglia mafiosa di Corleone. In particolare Antonino Di Marco, arrestato a settembre 2014, da sempre ritenuto vicino alle posizioni tenute dall’altro storico boss corleonese Salvatore Riina, in piu’ occasioni avrebbe avuto modo di lamentarsi del modo con il quale Rosario Lo Bue gestisse gli affari dell’organizzazione.

In tale contesto, nel corso dell’indagine, e’ emerso come Vincenzo Pellitteri e Pietro Paolo Masaracchia, capo della famiglia di Palazzo Adriano, arrestato nel settembre 2014, nutrissero l’ambizione di costituirsi in una articolazione criminale autonoma, distaccando i propri territori di pertinenza ed influenza, ossia Palazzo Adriano, Chiusa Sclafani e Contessa Entellina, dal mandamento mafioso di Corleone, con la convinzione di creare un nuovo mandamento. Queste divergenze tra persone riconducibili alle storiche famiglie Riina – Provenzano si manifestarono allorquando i Lo Bue tentarono invano di estromettere la famiglia Di Marco dalla gestione di alcuni terreni al confine tra Monreale e Corleone, in localita’ Tagliavia, estesi per circa due ettari. Per dirimere questa controversia e per ristabilire l’ordine, venne richiesto l’intervento in prima persona di Antonina Bagarella, moglie di Salvatore Riina, la quale, con ferma autorevolezza, avrebbe rimproverato il capo mandamento. “In conclusione – sottolineano gli investigatori – e’ stata accertata tutt’ora l’esistenza delle due anime contrapposte all’interno dell’organizzazione criminale, storicamente patrocinate da Bernardo Provenzano e Salvatore Riina”.