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Mafia, Capitale: pentito, a un boss di Cosa Nostra armi Carminati

Massimo Carminati era un punto di riferimento importante, a Roma e a Ostia, per la mafia siciliana e per la camorra napoletana. Ad affermarlo, tra un paio di pause per malore (“mi viene da vomitare”) e tanti ‘non ricordo’, e’ stato Sebastiano Cassia, collaboratore di giustizia sentito oggi nel processo a ‘mafia Capitale’ perche’ spiegasse al tribunale la sua conoscenza con l’ex Nar e i rapporti di questi con altri esponenti della criminalita’ organizzata. “Ero inserito in un gruppo criminale siciliano di Cosa Nostra che faceva capo a Benedetto Spataro – ha ricordato Cassia – il quale un giorno mi disse che Carminati era un amico e che se c’era da fare una cortesia si faceva. Ad esempio, una volta abbiamo trasportato delle armi. Spataro diceva che prendeva armi a Roma da Carminati e le portava in Sicilia. Io stesso ho visto un paio di kalashnikov in casa di Spataro”. Cassia ha spiegato poi di aver conosciuto in carcere, a Rebibbia, Carminati “ma di non aver mai parlato con lui di “reati”, aggiungendo poi di aver visto “il nero” parlare con il boss Michele Senese nella stessa casa circondariale. Cassia, rispondendo, in sede di controesame, al difensore di Carminati, l’avvocato Giosue’ Bruno Naso, ha dovuto ammettere di aver appreso “dai giornali” la storia criminale dell’ex Nar e non e’ stato in grado di collocare con precisione nel tempo fatti, incontri e circostanze alle quali ha fatto prima riferimento. Naso ha cosi’ chiesto al tribunale di poter conoscere i periodi di detenzione in carcere di Cassia, Senese e dello stesso Carminati