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Stato-mafia, Pignatone: “Ros nascose di essere vicino a Provenzano”

Il magistrato che aveva seguito l’indagine sulle confidenze della “fonte” Luigi Ilardo, non fu informato dal Ros che il 31 ottobre 1995 ci sarebbe stata la possibilita’ di catturare Bernardo Provenzano, a Mezzojuso (Palermo). “Lo capii solo anni dopo, quando seppi dai giornali quanto stava raccontando il colonnello Michele Riccio”. A raccontarlo, al processo sulla trattativa Stato-mafia, in corso a Palermo, e’ stato proprio quel magistrato, Giuseppe Pignatone, oggi procuratore capo di Roma. Pignatone e’ il pm che, quando era procuratore aggiunto nel capoluogo siciliano, coordino’ le indagini sfociate nella cattura “riuscita” del boss, avvenuta l’11 aprile del 2006 a Montagna dei Cavalli, nei pressi di Corleone. Davanti alla corte d’Assise, Pignatone ha risposto alle domande del suo ex collega, il pm Nino Di Matteo, per ricostruire un’indagine a lui affidata oltre dieci anni prima del blitz riuscito, dallo stesso procuratore dell’epoca, Gian Carlo Caselli, che gli aveva raccomandato di riferirne gli esiti unicamente a lui. Pur rappresentando le difficolta’ di ricordare i particolari di vicende che risalgono a oltre vent’anni fa, il procuratore di Mafia Capitale ha affermato che il mancato blitz di Mezzojuso (ritenuto dai pm uno dei passaggi fondamentali della trattativa fra pezzi dello Stato e pezzi di Cosa nostra), fu tenuto nascosto ai magistrati. Protagonista di questa storia, e superteste dei processi Mori e Stato-mafia, e’ il colonnello Riccio, prima in forza alla Dia e poi (essendo finito sotto inchiesta a Genova) “restituito” ai carabinieri e al Ros. Era lui che aveva il contatto con la fonte Luigi Ilardo, mafioso di Caltanissetta, “ma – ha spiegato Pignatone – non mi parlo’ mai ne’ del mancato blitz ne’ dell’incontro a lui preannunciato da Ilardo con Provenzano e altri boss”. Il blitz non si fece – secondo Riccio – perche’ il Ros non mise a disposizione uomini e mezzi e la Procura sospetta che tutto fosse strumentale a lasciare libero Provenzano, con cui i carabinieri avevano “trattato”.

 

“Io – ha ribadito Pignatone – nemmeno successivamente fui informato, da Riccio, dal generale Mario Mori (imputato nel processo, ndr) o da altri ufficiali che quel giorno di ottobre 1995 ci sarebbe stata la possibilita’ concreta di catturare Provenzano. Se avessimo saputo della presenza del boss, di tutti gli esiti delle indagini, dei nomi dei personaggi coinvolti, avremmo proceduto, io e Caselli, a tutti gli accertamenti necessari, anche successivamente. Invece non ci fu detto niente e finimmo col chiedere l’archiviazione”. “Nel corso di quella indagine – ha ricordato ancora Pignatone – avevo piu’ volte sollecitato alla Dia, che si era occupata delle investigazioni prima del Ros, intercettazioni e altre attivita’ ordinarie, che sarebbero state fondamentali e per le quali ci venivano invece rappresentate difficolta’ per noi quasi incomprensibili. Nel 1995 era ancora vivo tra di noi il ricordo della mancata perquisizione del covo di Toto’ Riina, vicenda risalente a due anni prima e ancor oggi, 2016, non chiusa. Figuriamoci, se avessimo avuto qualche dubbio su qualcosa che le forze investigative, si trattasse della Dia, del Ros, della polizia di Stato o della Forestale, avrebbero potuto fare e non avevano fatto, se non avremmo subito attivato le indagini”. Agli atti del processo c’e’ una relazione di servizio di Pignatone, datata 2003 ma fondata su un appunto al computer del 1995, in cui il magistrato ricostruiva un incontro con Riccio e con il colonnello Mauro Obinu, pure lui dei Ros (e sotto processo con Mori in un altro giudizio, che ha per oggetto la mancata cattura di Provenzano). L’incontro si tenne il primo novembre di ventun anni fa, a cose fatte, cioe’ il giorno dopo la riunione a cui aveva partecipato Provenzano a Mezzojuso. “Ma nemmeno in quella occasione – ha precisato il teste – mi fu detto che c’era il sospetto che il boss ci fosse effettivamente andato. Mi venne riferito solo che c’era stato un incontro a cui era andata la fonte (che nemmeno mi era stato detto che fosse Ilardo, non lo volevo sapere) e che c’erano buone possibilita’ di farcela, a prendere Provenzano, di li’ a poco. Cioe’ la cosa che ci dicevano in continuazione”. E’ cosi’ che Pignatone capi’, quando Riccio comincio’ a deporre nei processi, che le informazioni precise erano state nascoste sia a lui che alla Procura di Palermo. Da li’ la sua relazione di servizio del 2003.