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Mafia, ricordato piccolo Giuseppe Di Matteo 21 anni dopo

E’ nel segno del riscatto del territorio che si sono svolte le iniziative, a cura di Libera e del Comune di San Giuseppe Jato, per ricordare il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, ucciso 21 anni fa, grazie al progetto “Chi semina racconta”, durato quasi due anni e che ha avuto il suo cuore pulsante nel centro ippico dedicato alla memoria del ragazzino. In un territorio “Particolarmente ferito dalla delinquenza mafiosa, con un tasso di disoccupazione dell’area (30,49%) superiore a quello della provincia (29,55%) – fanno sapere gli organizzatori – e una disoccupazione giovanile poco sotto il 70%” dieci giovani donne a rischio marginalita’ avranno un’opportunita’ di lavoro, diventando “operatrici di biofattoria sociale”. Insieme a percorsi di inclusione e riabilitazione che sono partiti dall’agricoltura sociale coinvolgendo 120 minori attraverso l’orto e la cura delle piante, ma anche comunita’ alloggio e disabili o autori di reato coinvolti in percorsi di legalita’, per un totale di 20 professionisti e 75 ore di formazione, con il centro ippico Giuseppe Di Matteo, in contrada Portella della Ginestra, rimesso a nuovo e convertito in una biofattoria: sono questi i risultati di “Chi semina racconta”, presentati oggi nell’aula Pio La Torre dell’ex Casa del fanciullo di San Giuseppe Jato. L’iniziativa e’ stata finanziata dal dipartimento della Gioventu’ e del servizio civile nazionale della Presidenza del Consiglio dei ministri e realizzata dalla Cooperativa sociale Placido Rizzotto (capofila), da Libera PALERMO, da Orizzonte Donna onlus e dalla Rete delle Fattorie sociali Sicilia. Il progetto e’ stato avviato con la collaborazione di alcuni partner esterni come Cnca, l’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni del Ministero della Giustizia e l’associazione Famiglie Persone Down.