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Scoperta maxi frode fiscale: fatture false per 40 mln

Una maxi frode fiscale e riciclaggio con fatture false per 40 milioni di euro sono stati scoperti dalle Fiamme Gialle, nel Luinese, nel settore del commercio delle materie plastiche: sono coinvolte 4 imprese fantasma e nove persone sono state denunciate per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale e al riciclaggio di capitali illeciti. La Compagnia della Guardia di Finanza di Luino ha concluso nei giorni scorsi l’operazione “Polimeri”, che ha portato all’individuazione di un articolato sistema di evasione fiscale rientrante nelle “frodi carosello”, ideato e realizzato da un ex imprenditore del luinese già arrestato per frodi fiscali. In seguito a una segnalazione antiriciclaggio, i finanzieri hanno individuato fatture per operazioni inesistenti per oltre 40 milioni di euro e un’evasione Iva per circa 4 milioni di euro. Nove i soggetti italiani denunciati per i reati di frode fiscale, omessa presentazione delle dichiarazioni, riciclaggio ed autoriciclaggio. All’autorita giudiziaria è stato chiesto il sequestro del patrimonio degli indagati. Le indagini si sono focalizzate su quattro imprese, di cui due con sede dichiarata nell’hinterland milanese e due in Sicilia in provincia di Messina. Si è accertato che erano delle mere “cartiere”, società senza dipendenti e senza un’effettiva struttura aziendale: le sedi dichiarate sono risultate dei meri recapiti per la posta. Le successive indagini di polizia giudiziaria, condotte sotto la direzione del pool reati economico finanziari della Procura della Repubblica di Milano, con l’esame di operazioni finanziarie relative a oltre 60 rapporti bancari e a numerose operazioni extraconto, hanno permesso di accertare un articolato sistema di frode fiscale su vasta scala finalizzato a frodare l’Iva. Le imprese cartiere emettevano fatture false a favore di società venete e relative alla vendita di materiale plastico allo stato primario per poi omettere la presentazione delle dichiarazioni fiscali e non versare le imposte, per poi subire repentine trasformazioni societarie sino a risultare intestate a soggetti nullatenenti. Le società destinatarie delle fatture, effettivamente esistenti ed operanti nel settore delle materie plastiche, potevano così detrarsi costi inesistenti ed immettere i loro prodotti sul mercato ad un prezzo inferiore e più concorrenziale. Successivamente, tali imprese, mediante la predisposizione di false certificazioni, emettevano ulteriori fatture per operazioni inesistenti in esenzione di Iva nei confronti di altre aziende in modo da poter “sgonfiare” il magazzino creato solo cartolarmente e crearsi così, a conclusione di tale operazione, un ingente credito d’imposta. Per dare parvenza di veridicità alle operazioni commerciali, tutte le false fatture erano seguite da regolari bonifici che riportavano quale causale il pagamento di merce, mai ricevuta. Le somme di denaro, una volta pervenute tramite bonifico bancario, per non destare sospetti ed evitare gli obblighi di segnalazione antiriciclaggio, venivano prelevate dai membri del sodalizio criminale, in maniera frazionata, presso diversi sportelli bancari e postali nell’hinterland milanese, ma per un totale pressoché pari a quello delle false fatturazioni ricevute. Le somme prelevate venivano poi reimmesse nel circuito bancario tramite ricariche su carte prepagate intestate all’ideatore del sistema fraudolento e a suoi prestanomi.