Sgarro alla mafia, ucciso per il furto di un furgone: tre arresti (video)

Il luogo dell’omicidio Lombardo

Convalidato il fermo e disposto il carcere per il mandante e i due sicari dell’omicidio di un ladro, punito platealmente per avere rubato la merce di un imprenditore fedelissimo di Matteo Messina Denaro.

Poliziotti delle Squadre mobili di Trapani e Palermo, con il supporto del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e del Roni dei carabinieri di Trapani, hanno eseguito la misura della custodia cautelare in carcere per omicidio premeditato e aggravato dal metodo mafioso, nei confronti di Giovanni Domenico Scimonelli, 48 anni, Nicolò Nicolosi e Attilio Fogazza, di 44 anni, gli ultimi due già sottoposti a fermo di indiziato di delitto lo scorso 26 novembre in quanto ritenuti gli esecutori materiali dell’omicidio. Il Gip, infatti, ha accolto le richieste del procuratore aggiunto Maria Teresa Principato e dei sostituti Carlo Marzella e Francesco Grassi, della Dda di Palermo, riconoscendo, al contempo, in Scimonelli il mandante e l’ideatore dell’omicidio. Scimonelli, ritenuto importante esponente della Cosa nostra trapanese, collegamento privilegiato con il latitante Matteo Messina Denaro, anello cruciale della sua rete di comunicazione, non aveva perdonato alla vittima, Salvatore Lombardo, il furto di un furgone e di merce destinato a un supermercato di fatto da lui gestito. Le indagini hanno dimostrato come l’imprenditore di Partanna, con l’obiettivo di punire lo “sgarbo”, abbia coordinato tutte le fasi del delitto affidandone l’esecuzione ai due killer. I fatti risalgono al 21 maggio del 2009, quando personale i carabinieri di Castelvetrano, a seguito di una segnalazione anonima, si recarono davanti al bar “Smart Cafe'”, a Partanna, trovando il corpo dell’uomo ucciso con due colpi di fucile calibro l2.

Scimonelli era già stato arrestato il 3 agosto nell’ambito dell'”Operazione Ermes”, in quanto considerato un favoreggiatore di primo piano della latitanza del capo della provincia mafiosa di Trapani; a questi e al reggente della cosca di Mazara del Vallo, Vito Gondola, avrebbe agevolato l’esercizio delle funzioni di controllo e gestione dei loro interessi nel territorio. E’ stato accertato come i tre arrestati avessero trascorso alcuni giorni nel Lazio fino alla vigilia dell’omicidio commesso, affermano gli investigatori “sicuramente nel contesto mafioso riconducibile al mandamento di Castelvetrano”.