Mafia, “Luvici” Putrone: “Portai con me i soldi delle estorsioni a Porto Empedocle”

C’è anche il maggiore (allora) dei Carabinieri Massimo Cucchini. E’ un giorno particolare: 24 agosto 2006. Il giorno che apprende della morte della madre. Lui è Luigi Putrone, “Luvici” per gli amici, killer spietato di mafia, che da qualche giorno ha deciso di voltare pagina, dopo essere stato catturato nella Repubblica Ceca chiudendo un ciclo di anni di latitanza, e affidarsi alla giustizia.
Il gravissimo lutto appena comunicato – la morte della madre – non gli impedisce di deporre: “Intendo comunque effettuare l’interrogatorio
in data odierna nonostante il grave lutto che mi ha colpito”.
E comincia a parlare. Parla di tante cose, Luvici. Degli omicidi, uno per uno e di come viveva e con quali soldi. E noi riportiamo quanto detto dall’ex boss di Porto Empedocle.
LA FUGA
“Dalla mia fuga nella Repubblica Ceca non ho avuto più contatti con la Sicilia tranne due contatti telefonici con mio fratello Giovanni sino al 2001 per questioni familiari. Per quanto riguarda Cosa nostra una volta mio fratello mi disse che Fragapane Stefano voleva parlargli e io gli dissi di andarci ma senza dirgli dov’ero. Io e mio fratello ci sentimmo poiché Focoso aveva dato a mio fratello il mio numero di telefonino. Focoso venne ad accompagnarmi in Repubblica Ceca. Poi rientrò in Sicilia e tornò a novembre del 1998 quando si dette alla latitanza. Da allora non ho più avuto contatti con lui e non sapevo dov’era latitante. All’inizio della latitanza avevo denaro con me per il resto mi coadiuvò Renè Slepcik che mi fece trovare una casa e con il quale abbiamo fatto una società ma non sapeva chi realmente fossi.

Mai ho avuto aiuti economici da Cosa Nostra anche perché il tenore di vita della Repubblica Ceca è tale che si vive con pochi soldi. Portai con me sessanta milioni e altri trenta me li portò Focoso. I soldi erano il frutto delle estorsioni praticate a tutte le ditte che operavano su Porto Empedocle aggiudicatarie di appalti. I contatti avvenivano sempre tramite terze persone che si trovavano presso i paesi di provenienza e che ne assicuravano la messa a posto”.

 

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