Licata, dopo il blitz, la riflessione: perché approfittarsi dello stato di bisogno?

Licata. Non si è ancora spenta l’eco dell’operazione anti-estorsione di ieri compiuta a Licata.

Cinque le misure cautelari chieste ed accolte (Gip, Stefano Zammuto) dalla Procura di Agrigento (procuratore aggiunto Ignazio Fonzo, sostituto Matteo Delpini) ed eseguite dagli agenti della Guardia di Finanza di Agrigento e della compagnia di Licata che hanno permesso di scoprire un giro di estorsioni e minacce ai danni di dipendenti di due cooperative sociali che si occupano di minori affetti da problemi psichici: due arresti (ai domiciliari, anche se i pubblici ministeri avevano chiesto il carcere), l’avvocato Rosario Magliarisi e la sua collaboratrice, Linda Modica; tre obblighi di dimora: Angelo Magliarisi, 46 anni di Licata e residente a Paternò;  Carmela Di Blasi, 67 anni, amministratore unico e rappresentante legale  della cooperativa sociale “Il Libero Gabbiano”; Florinda Zagra, 37 anni, impiegata amministrativa addetta di fatto alla gestione economica.

Diverse persone risultano, allo stato attuale, ancora indagate.

Ciò che rende questa storia, effettivamente, una “storiaccia” è il contesto sociale disperato e drammatico che si delinea nel territorio di Licata, caratterizzato da una crisi occupazionale, una crisi, se vogliamo, di ideali e valori che, inevitabilmente, abbassa drasticamente la soglia di attenzione e “allergia” nei confronti di questi episodi.

Ed è un vero e proprio modello criminale quello che, a partire dal 13 settembre 2013, data della prima denuncia da cui scaturisce l’odierno provvedimento, si viene a riproporre con ricorrenza fino a praticamente ieri, giorno degli arresti.

Il “dominus”, seppur occulto, dell’intera associazione criminale, perché questo ipotizzano gli inquirenti, è sicuramente l’avvocato Rosario Magliarisi.

Cosa faceva, secondo la Procura, Magliarisi?

Concretamente, sebbene non spuntasse in nessuna carta, era il perno fondamentale dell’intero “giocattolo”: assumeva personale per le sue due cooperative, di fatto era lui che aveva potere decisionale di scelta e, sempre a lui, spettava l’ultima parola su qualsiasi movimento o cosa da fare. Magliarisi, bella faccia, avvocato rispettabile in paese e anche conosciuto, avrebbe fatto leva su uno straordinario quanto drammatico bisogno di lavoro, di condizioni di vita normali e, soprattutto, di soldi da parte di persone socialmente meno fortunate.

Il modus operandi. Prendiamo, ad esempio, la madre di tutte le denunce per poter delineare il metodo usato per “sfruttare” ma soprattutto estorcergli denaro. E’ il 13 settembre 2013 quando alle porte degli inquirenti bussa un ex dipendente di una delle due cooperative in questione, la “Arcobaleno”. L’uomo, stanco della situazione che si era configurata, stanco delle continue angherie subite decide di vuotare il sacco e parlare del metodo di assunzione e pagamento di questa cooperative.

Si parte, inevitabilmente, dall’estremo bisogno di lavoro, di soldi e di alcune garanzie minime per vivere dignitosamente. Si fa leva, dunque, su una crisi occupazionale che insiste nel territorio. Magliarisi, che comunque non è ufficialmente a capo delle coop, si occupa personalmente di intervenire e promette assunzioni al loro interno con delle condizioni alquanto “particolari”:  15gg di tirocinio non retribuito (senza che nessuno controllasse effettivamente la regolarità dello stage formativo) e, qualora si fosse accertata la competenza, un contratto di lavoro a tempo determinato (30gg) con uno stipendio di 1362,00€ lordi. Fino a qui, sembrerebbe, nulla di irregolare. Se non fosse che, subito dopo la firma, veniva dato all’uomo in procinto di essere assunto un “pizzino” con una cifra riportata sopra: 434,00€. Questa era la cifra che l’ignaro lavoratore dovevo riconsegnare ai datori di lavoro una volta preso lo stipendio. La leva che ha permesso questo giochino, che si è ripetuto con frequenza con almeno altri 8 dipendenti, insisteva sul bisogno di soldi, sulle limitate condizioni economiche e, di conseguenza, la sicurezza che mai nessuno di loro avrebbe parlato per non perdere neanche quel poco che veniva loro elargito.

Altro dettaglio che non è passato inosservato agli inquirenti è la “strana” prassi di far firmare ai dipendenti un foglio di dimissioni in bianco.

Un business d’oro. Il giro di soldi messo su con questo metodo, applicato ovviamene su diversi dipendenti, ha fruttato un tesoretto in disponibilità di Magliarisi, e della società creata ad hoc, la Vi.Sa. srl, non indifferente. Il conto è facile: verso lo stipendio lordo, tu mi riporti una somma in contanti concordata precedentemente. Applicato su almeno 8-9 persone, con un trattenimento indebito che a volte sfiora anche i 30.000€ cadauno nei diversi anni di lavoro, il bottino diventa cospicuo.

La Vi.Sa. Srl. La società, riconducibile all’unico socio, Rosario Magliarisi, altro non è che un artificioso strumento societario utilizzato da suddetti soggetti per appropriarsi indebitamente di somme di pertinenza delle Cooperative “Arcobaleno” e “Libero Gabbiano”.

Si è accertato anche che Vi.Sa. srl ha preso in locazione degli immobili, almeno due, per poi sublocarli con canone di affitto maggioritario rispetto al mercato del 300% alle stesse società Arcobaleno e Libero Gabbiano. Praticamente, leva da una parte e metti dall’altra.

Patrimonio Immobiliare. Non finisce qui. La Vi.Sa srl, società riconducibile all’avviato Magliarisi, inizia a svolgere operazione di acquisto e locazione di immobili co somme provenienti dal patrimonio della Cooperativa “Arcobaleno” ( la locazione degli stessi immobili avveniva nei confronti delle stesse cooperative, assurdo).

Si è registrato, dunque, un incredibile movimento, apparentemente ingiustificato, di soldi, intestati alla cooperativa Arcobaleno: 487.000€ dei quali quasi 408.000€ impiegati dalla Vi.Sa srl per acquisto di immobili e pagamento di mutui. Immobili, ben sei, tutti concessi (guarda caso) in locazione o sub locazione, ovviamente a canoni maggiorati rispetto a quelli di mercato, alle due società. Appare, dunque, evidente e senza dubbio come si costituisca, di fatto, un indebito arricchimento nel patrimonio della Vi.Sa. srl. Gli immobili acquistati, come detto, sono ben sei:

Via Don Carmelo Bartolo, Licata – 170.000€ con un canone annuale di 30.000€
Via Borromini, Licata – 170.000€ con canone annuale di 50.000€
Via Caduti in Guerra, Licata – 42.000€
– Via Martiri della Libertà, Licata – 130.000€