Blitz “Survivor”: ecco perchè hanno sparato a Diego Provenzani (video)

C’è un pezzo di storia mafiosa palmese dietro il tentato omicidio che ha avuto per vittima Diego Provenzani, figura di primo piano alla fine degli anni 80 ed inizi anni 90 della stidda di Palma di Montechiaro e camastrese, quella guidata da Saro Meli, il puparo.

Il tentato omicidio per gli inquirenti della Squadra Mobile di Agrigento, guidata da Giovanni Minardi, e del Commissariato di Palma, agli ordini di Angelo Cavaleri, affonda le sue radici nel desiderio di vendetta per un “torto” subito 29 anni fa quando l’armeria di Domenico Sambito, uno degli odierni arrestati (in verità titolare era la moglie) subì un furto di cinque pistole, quattro delle quali vennero restituite. Correva l’anno 1997.

Erano i tempi in cui a Palma di Montechiaro la vita di un uomo valeva meno di niente e le agguerrite consorterie locali, sia esse stiddare che mafiose, avevano deciso di sconquassare il loro mondo interno a suon di omicidi e stragi.

E i clan si rifornivano di armi senza badare per il sottile: rapine e furti in armerie, acquisti all’estero, specie in Belgio (comparvero così i micidiali mitra Uzi).

Provenzani finisce dentro questo meccanismo perché non comprende che Sambito ha la memoria lunga, come il rancore. E ha giurato di fargliela pagare per la mancata restituzione della quinta pistola, poi rinvenuta con matricola abrasa, e per non averla adeguatamente pagata dopo che venne abrasa la matricola e resa inservibile.

Questo lo scenario del tentato omicidio e questi i dettagli: decisiva per le indagini l’Alfa 159 usata dai due sicari (guidata da Salvatore Ingiamo, 28 anni, incensurato, parrucchiere) e alcune  telecamere poste nella zona dell’agguato e due testimoni. I poliziotti ricostruiscono tutto:  l’inseguimento, Provenzani che prova a scappare, e fa inversione a U. I sicari, impassibili e crudeli, lo inseguono e lo fanno cadere sparandogli. Sei colpi sono stati contati quante le ferite della vittima.

Accertamenti balistici all’interno dell’autovettura e controlli amministrativi segnano la svolta: in pochi giorni, partendo dalla macchina, sono risaliti al proprietario. Fortuna vuole che questo tipo di auto sono molto poche a Palma e da alcuni numeri di targa si arriva ai due arrestati di oggi. Contributo importante hanno dato vecchi collaboratori di giustizia che hanno spiegato la storia del furto e la sete di vendetta di Sambito. Veniva fuori inoltre, che il Sambito tentava da tanti anni di recuperare il credito dal Provenzani. E veniva anche fuori che l’autovettura era finita da un carrozziere per alcune riparazioni a causa dei danni provocati proprio dal motorino di Provenzani lanciato contro i suoi aggressori che sono difesi dall’avv. Santo Lucia.