Agrigento, Arnone a gamba tesa sul capo dei Gip, Provenzano: ma qualcosa non quadra

Conferenza stampa, dopo la scarcerazione, dell’ex ambientalista e consigliere comunale, Giuseppe Arnone, per manifestare il proprio pensiero sugli ultimi avvenimenti che lo hanno riguardato.

La sua è una difesa a tutto campo, respinge ogni accusa e, anzi, rilancia dichiarandosi al centro di una azione ritorsiva ad opera del capo dei Gip Francesco Provenzano. Vendette, secondo Arnone, che hanno radici lontane.

L’ex recluso racconta in due ore e mezza la storia della sua vita, lamentandosi delle sofferenze dei propri familiari e non facendo cenno ai familiari altrui, autoproclamandosi bersaglio della mafia e dei poteri forti. Declama amicizie con il procuratore Patronaggio e sinanco con Paolo Borsellino, tace sulle dichiarazioni rese sul suo conto dai pentiti Tuzzolino, Di Gati e Sardino, e va al dunque: l’ex vicepresidente del Consiglio comunale di Agrigento, ha nel mirino il capo dei Gip del Tribunale di Agrigento.

In principio, Francesco Provenzano, capo dei Gip del Tribunale di Agrigento, era in faro, il garante dello stato di diritto, il cultore della legalità che impartiva lezioni di diritto alla Procura della Repubblica. Comunicati a iosa, beffardi, gravidi di contumelie per i pubblici ministeri.

Ed in effetti, Giuseppe Arnone aveva di che compiacersi.

Era stato appena assolto, dal giudice Provenzano, dall’accusa di tentata estorsione e lesioni personali aggravate. Questo scriveva www.agrigentonotizie.it il 3 dicembre 2013: “Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Agrigento, Francesco Provenzano, ha assolto – ieri – l’ex consigliere comunale di Agrigento Giuseppe Arnone (difeso dall’avvocato Arnaldo Faro) e Maria Grazia Di Marco (difesa dall’avvocato Angelo Farruggia), imputati in concorso del reato di corruzione in atti giudiziari. Arnone era stato accusato di aver tentato di corrompere con denaro la Di Marco, che era teste nel processo in cui lo stesso Arnone è imputato per violenza privata, mentre Maria Grazia Di Marco era teste”.

Ed Arnone, a tutela del Gip Provenzano, arrivò persino a scrivere all’allora Procuratore generale della Corte d’appello di Caltanissetta, Sergio Lari, affermando quanto segue: “Procuratore Lari io chiedo che si garantisca la mia persona in ordine all’assenza di qualsivoglia azione, anche in danno della Giustizia e del dott. Provenzano, da azioni collegate all’utilizzo distorto del potere giudiziario”.

Oggi, tutto questo non conta.

Il giudice Provenzano è stato messo nell’elenco dei cattivi al punto che oggi afferma quanto segue:

 

A nostro giudizio, da adesso, bisognerà fare una attentissima riflessione nonché analisi di tutte le affermazioni di Arnone, sia le odierne che quelle precedenti e capire realmente come ha funzionato la giustizia in questa città.

Cosa vale di ciò che ha affermato Arnone: quello che è accaduto in concomitanza con la sentenza Di Marco o quello dhe ha detto oggi?

Attendiamo tutti una risposta non annacquata, provvisoria, certa.

Ed immediata.

 

Pubblichiamo, inoltre, l’intervista completa, a scanso di equivoci (anche se Arnone – come suo costume –  non ci ha risparmiato la solita porcheria personale e familiare) realizzata dalla collega Adriana Li Causi per conto della sua testata, nel corso della quale Arnone esprime compiutamente le sue valutazioni sull’intera vicenda.