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“Ad Agrigento più soddisfazioni che amarezze”, intervista al procuratore aggiunto Ignazio Fonzo

Intervista di Diego Romeo procuratore aggiunto Ignazio Fonzo.


Dopo il procuratore Renato Di Natale che sappiamo felicemente in pensione tocca a lei lasciare la sede agrigentina per un rinnovato e prestigioso incarico nella Procura di Catania. 

Senza tema di smentite e senza adontarci, diciamo pure che il binomio Di Natale-Fonzo è stato uno dei meglio assortiti nella storia della Procura agrigentina. La prego di non schermirsi perché la mia  non è una notizia “processualmente utilizzabile”.

Di ricordi, noi cronisti, ne abbiamo tanti, ma un suo particolare ricordo  di questo binomio ce lo vuol dire?

“Difficile sintetizzare in poche battute la ricchezza e profondità di un rapporto prima che di colleganza di sincera ed autentica amicizia. Non c’è solo un ricordo da richiamare di questi otto anni. Sono tantissimi e non basterebbe un intero giornale. Quello che va rimarcato è che con Renato Di Natale siamo stati sempre d’accordo su tutto, non è mai accaduto che su una indagine, su una scelta ora investigativa ora amministrativa ci sia stata dissonanza o diversità di vedute. É stato un periodo di fervida armonia, non sempre facile negli uffici giudiziari. È il ricordo più bello e sono profondamente orgoglioso ed onorato della mia amicizia con Renato Di Natale”.

Cosa l’ha inquietato di più nella “narrazione-sanzione” di quella che possiamo chiamare, magari un po’  letterariamente, “crime fiction” agrigentina? Il testimone che lascia sarà certamente ricco di suggerimenti e indicazioni.

“Quando si saluta non si pensa ai momenti critici, che pure ci sono stati, ma solo alle cose positive che si sono fatte. Ed assicuro che le soddisfazioni sono state superiori alle inevitabili e fisiologiche amarezze. Certo, non si può piacere a tutti e non tutti hanno apprezzato in toto la nostra attività. Pazienza, ma gli agrigentini dovrebbero fare meno dietrologia, essere meno pirandelliani, capire che chi fa il nostro mestiere nella stragrande maggioranza non agisce a comando o longa manus di qualcuno. Semplicemente, come si é fatto in questi anni ad Agrigento, si impronta l’azione giudiziaria ad un solo fine: l’attuazione dei principi costituzionali che devono esclusivamente guidare chi fa il magistrato”.

Lei ha svolto e svolgerà  ancora per anni, un incarico dove aleggia fortemente l’eco di quel “resistere” ripetuto per tre volte da un suo collega. Un imperativo categorico per una “magistratura Kantiana”. Resiste sempre quel “resistere”?,  perdoni il gioco di parole.

“Le parole dell’allora Procuratore Generale di Milano Borrelli sono sempre attuali, tuttavia io ho sempre ritenuto e sostengo tuttora che affidare solo ed esclusivamente alla giurisdizione la soluzione delle questioni disparate che attanagliano la nostra società non sia un bene. Quando avviene, e avviene ormai sempre più spesso, si abdica all’esercizio democratico di una funzione essenziale di una società: la scelta dei valori e dei diritti/doveri da promuovere e tutelare. Lo diceva Aristotele, lo si attuava nell’antica Grecia”.

Il futuro delle riforme non ci pare troppo roseo, ma delle riforme che hanno “attraversato “ la magistratura quale è quella che le ha fatto più male?

“Non è una riforma sola ad aver creato difficoltà. Piuttosto è stata, oserei dire è, l’assoluta assenza di sistematicità e di razionalità degli interventi normativi che da oltre vent’anni si sono susseguiti e continuano a susseguirsi. La mancanza di strategia, la miopia mista a strabismo (se vogliamo usare una metafora oculistica), per cui non si è mai guardato all’interesse generale ma solo a quello di volta in volta particolare (nel senso guicciardiniano del termine), ha caratterizzato gli interventi legislativi nel settore giustizia, e questo è inevitabilmente un fatto assolutamente negativo”.

La nostra è terra di frontiera, cosche organizzate immigrazione, rischio terrorismo, abusivismo storico e con  una  “intelligence” costretta a riformarsi. Lei andrà in una Procura che vuol fare chiarezza sulle Ong ma anche ad Agrigento si dovrebbe  scrivere il capitolo sui “professionisti dell’accoglienza”. Alcuni mesi fa il procuratore Patronaggio in un breve intervento per la presentazione della rivista ”Segno” nel salone del Seminario diocesano, ha catalogato “en passant” questo termine insieme al già diffuso “professionisti dell’antimafia”.

“Luigi Patronaggio è un collega, ed amico, valoroso ed arguto. Mi permetta di dire che è stato ampiamente positivo il rapporto di lavoro, seppur di breve durata, instaurato in questi ultimi mesi. Concordo con la sua analisi. Vedremo, anche a Catania adesso, cosa emergerá prossimamente dalle indagini in corso”. 

Il giudice Borsellino, nel 1989, all’interrogativo di uno studente che gli chiedeva se si sentisse difeso dallo Stato, rispose con un secco “no, non mi sento difeso”. Attraversiamo ancora quei tempi?

“No, non siamo più a quei tempi. Ma vale sempre il ragionamento di prima. Non si può, non si deve delegare la soluzione dei problemi sempre e solo all’autorità giudiziaria”.

Ci insegue e ci è sopra le spalle un futuro, quello delle nuove scienze forensi, soprattutto quello della biomedicina. Un futuro che interpella i magistrati e anche i giornalisti che dovranno redigere le cronache. Sulle Ong, tra l’altro, abbiamo appreso che gli strumenti investigativi sono carenti. L’esecutivo di Governo si muoverà in questo senso? La sua esperienza che prospettive le (e ci) suggerisce?

“L’ esperienza dice che spesso, nel contrasto a determinati fenomeni, ci si è mossi in colpevole ritardo, come sottolineó il cardinale Pappalardo. Ricorda? Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur … Ecco, spero vivamente che si discuta magari un po’ meno e si concretizzi un po’ di più!”.

A Grandangolo non rimane altro che augurarle il fatidico “in bocca al lupo” e l’inevitabile “forza Catania” che il mio direttore mi dice essere la sua squadra del cuore.

“Grazie a lei ed al suo direttore. Ho due squadre nel cuore effettivamente, l’Inter ed il Catania, che in questo periodo soffrono assai dopo anni passati di successi. Lo sport è vita, ed è fatto di cicli. Torneranno momenti migliori. Auguri a voi (ed all’Akragas…)”.