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Cassazione boccia ricorso Pm contro Carola Rackete: “Non andava arrestata”

Carola Rackete, la comandante della nave Sea watch non andava arrestata. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della Procura di Agrigento contro l’ordinanza che lo scorso luglio aveva rimesso in libertà la giovane comandante tedesca che a fine giugno era entrata nel porto di Lampedusa nonostante il divieto della Guardia di Finanza. La terza sezione penale della Cassazione ha rigettato il ricorso della Procura, dando così ragione alla Gip di  Agrigento  Alessandra Vella, che non aveva convalidato l’arresto di Carola Rackete, escludendo il reato di resistenza e violenza a nave da guerra, che era stato contestato alla giovane donna.

Per la Procura, invece, Carola Rackete, andava arrestata perché “i titoli di reato consentivano l’arresto, esisteva lo stato di flagranza e venivano rispettati i termini di legge”.

Non solo.

Nel provvedimento del Gip – avevano scritto nel loro ricorso il procuratore capo Luigi Patronaggio e il sostituto Gloria Andreoli – che ha scarcerato la giovane capitana “si rileva il vizio di violazione di legge e la mancanza di motivazione, in quanto l’ordinanza impugnata non ha valutato correttamente i presupposti della misura pre-cautelare adottata nelle forme con le quali è chiamata a farlo, procedendo all’erronea non convalida dell’arresto in questione”.

Parole dure, quelle usate dai magistrati della Procura di Agrigento nel ricorso per Cassazione che tuttavia non hanno trovato la condivisione della Suprema Corte.

 Lo scorso 29 giugno Carola Rackete era stata arrestata per resistenza e violenza contro nave da guerra, che prevede una pena dai 3 ai 10 anni di reclusione, dopo avere disobbedito agli ordini della Guardia di Finanza di attraccare al porto di Lampedusa. Dopo tre giorni il Gip di Agrigento Alessandra Vella aveva deciso la scarcerazione della giovane donna. Una decisione duramente criticata anche dal vicepremier Matteo Salvini che sui social l’aveva attaccata.

Nel loro ricorso i pm evidenziavano una “conclusione contraddittoria, errata e non adeguatamente motivata”. Secondo i pm, il Gip nella sua ordinanza del 2 luglio “avrebbe dovuto verificare se rispetto alla condotta contestata” alla comandante “il dovere di soccorso invocato potesse avere efficacia scriminante”. Il gip, per la Procura, “si è limitato ad affermare tout court che legittimamente Carola Rackete avesse agito poiché spinta dal dovere di soccorrere i migranti. L’impostazione offerta dl gip – scrivono i pm – sembra banalizzare gli interessi giuridici coinvolti nella vicenda e non appare condivisibile la valutazione semplicistica offerta dal giudicante”. Per la Procura la scarcerazione “è errata in ragione della tipologia di controllo che egli è chiamato ad effettuare in sede di valutazione di legittimità dell’arresto in flagranza operato dalla Polizia giudiziaria”.

“Nel corpo motivazionale dell’ordinanza impugnata – dice la Procura – il Giudice ha ritenuto di non convalidare l’arresto, senza però nulla argomentare né sulla ragionevolezza dello stesso né sulla manifesta configurabilità della causa di giustificazione invocata, giungendo ad emettere un provvedimento di non convalida di arresto del tutto assente di motivazione sul punto”.

La Procura aveva anche insistito sul punto della motovedetta della Guardia di Finanza con cui c’è stato un contatto sulla banchina. La questione è se l’imbarcazione si possa considerare ‘nave da guerra’ o no. Secondo il gip Vella non è una nave da guerra. Diversa l’interpretazione della Procura di Agrigento.

“Nel caso di specie – scrive il Procuratore di Agrigento – la motovedetta V808 della Gdf è iscritta nel naviglio militare dello Stato, reca le insegne militari e del Corpo di appartenenza, il comandante è un maresciallo ordinario della Gdf e riveste lo status militare al pari di tutti gli appartenenti al corpo, è armata con dispositivi di armamenti individuali e di reparto di tipo militare”. Ecco perché “si ritiene, contrariamente a quanto affermato dal gip, che la motovedetta si da qualificare come nave da guerra”.

Tutto inutile: la Cassazione ha deciso nel senso opposto delle richieste della Procura.

“Non conosciamo ancora le motivazioni ma adesso sappiamo con certezza che avevamo ragione noi: Carola Rackete non andava arrestata”.

Lo ha detto all’Adnkronos l’avvocato Leonardo Marino, legale di Carola Rackete, la capitana della nave Sea watch, commentando la decisione della Cassazione di rigettare il ricorso della Procura di Agrigento contro la scarcerazione della comandante tedesca. “Vedremo adesso se la Procura di Agrigento darà seguito a questa pronuncia della Cassazione – prosegue – o se andrà avanti su questa sua tesi. Arrestata perché aveva salvato vite umane”. E poi aggiunge: “In quel periodo ricordo una particolare tensione politica e adesso siamo felici per l’esito di questa vicenda. I giudici della Cassazione hanno dato ragione a noi”.