Guazzelli. coltivare la memoria per riscattarsi: ciao marascià (video)

Il Sindaco di Agrigento e Franco Castaldo con la vedova Guazzelli

Il primissimo ricordo che ho di Giuliano Guazzelli è da datarsi intorno ai primi anni del 2000: giovanissimo, erano i primi approcci consapevoli (ma non troppo), le prime letture, i primi pensieri autonomi.

 

Un giorno, sfogliando uno dei libri riguardanti il fenomeno mafioso scritto da mio padre (La mafia, la stidda), mi accorsi di una dedica particolare ad una persona fino a quel momento per me sconosciuta. Era appunto il maresciallo dei carabinieri, Giuliano Guazzelli.

Quello fu il primo “incontro” con il mastino. E sono dovuti passare, ovviamente, alcuni anni prima che capissi realmente chi fosse questa persona, del perchè mio padre gli avesse dedicato un libro con una dedica molto personale.

Nel corso degli anni ho imparato a conoscere la figura di Guazzelli: ricerche, studi, approfondimenti, il tutto con un canale privilegiato rappresentato da chi con Guazzelli era prima di tutto amico: “Uno sperto, uno che le cose le capiva prima di tutti” – mi è stato ripetuto più volte. Una memoria storica delle cosche mafiose nell’agrigentino, lui che agrigentino ci era diventato in seguito, per adozione. Qui aveva costruito la sua famiglia, a Menfi: moglie e tre figli. Nel 1992, anno in cui fu vigliaccamente assassinato, aveva raggiunto l’età pensionabile e, dunque, avrebbe potuto tranquillamente godersi il meritato riposo. Non lui.

Continuò imperterrito la sua azione di vera e pura antimafia, quella rognosa che si fa con i fatti e non con le parole e i proclami. Protagonista di numerose imprese come quella di riuscire a convincere l’amante dell’allora capomafia della Provincia di Agrigento, il riberese Carmelo Colletti, a collaborare; stessa sorte toccò al reggente della famiglia mafiosa di Raffadali, Galvano.

Ma quel 4 Aprile 1992 il mastino cadde.

Cadde vigliaccamente a causa di un disegno criminale architettato da tempo. Un commando di uomini, suddiviso in base ai compiti, ha iniziato il pedinamento del maresciallo subito dopo che fosse uscito dalla Caserma dei Carabinieri di Agrigento: salito sulla sua Ritmo, imboccò la strada dove vi era all’epoca la Standa, percorse la via Gioeni e si indirizzò sul Viadotto Morandi: al bivio per Porto Empedocle, un Fiorino si accostò al maresciallo impedendogli la fuga. Lo sfigurarono a colpi di Ak47, a rimarcare lo sfregio appena compiuto.

Oggi, 24 anni dopo la sua morte, sono tornato sul posto dell’omicidio in occasione della celebrazione. Solenne cerimonia condita, con una puntualità che solo il destino sa regalare, dal provvedimento della Dia che, proprio oggi, sequestra 800.000€ a chi aveva avallato l’omicidio Guazzelli: Simone Capizzi.

Una presenza mi ha colpito più delle altre. Una donna vestita di nero con una medaglia al petto: è Maria Montalbano, vedova del maresciallo Guazzelli: “Oggi mi sono sentita a casa, Lei mi ricorda mio marito per l’accento toscano” – dice sottovoce al Generale dell’Arma.

Coltivare la memoria del nostro passato per riscattare la dignità“.

Nel 1992, e negli anni a venire, non sempre è stata riconosciuta degna memoria al maresciallo Guazzelli.

Un articolo di quegli anni di un noto quotidiano nazionale e di un altrettanto autorevole firma rimane ancora, fastidioso come l’effetto di un pugno.

Coltivando la memoria, appunto, possiamo riscattarci.

Onore a Giuliano Guazzelli.