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Le precarie condizioni del carcere Petrusa tra disservizi, carenza di personale e sovraffollamento

L’ultimo episodio di aggressione nei confronti di tre agenti della polizia penitenziaria – un ispettore capo e due assistenti con il più grave a cui sono stati diagnosticati 30 giorni di prognosi – avvenuto lo scorso 14 novembre – ha nuovamente spostato l’attenzione sulle condizioni della casa circondariale di Agrigento. Il gesto violento commesso da uno dei detenuti presenti nella sezione detentiva “Omega” rientra in un contesto di sempre più esasperazione degli animi all’interno del “Petrusa”. Alta tensione non soltanto tra i detenuti – che lamentano condizioni di sovraffollamento, disservizi come la mancanza di acqua calda e, più recentemente, l’isolamento telefonico per più di una settimana dovuto ad un guasto alla rete – ma anche tra gli agenti della Polizia Penitenziaria che – a causa di una sempre più evidente carenza di personale – sono alle prese con turni faticosissimi che vanno dalle 18,00 alle 7,00 a.m., a volte anche un solo agente per due reparti. Tutto questo potrebbe comportare un aumento dei rischi sulla sicurezza che diventerebbero ancora più grossi in caso di eventuali malori o situazioni come  tentativi di suicidio dei detenuti. Il gesto dell’aggressione di alcuni giorni fa ha certamente ri-attualizzato una tematica che, probabilmente, dovrebbe essere affrontata con ben maggiore impegno e costanza.  Appena un mese fa erano stati i Radicali Italiani – in un tour che prevedeva la visita di alcune case circondariali della Sicilia – a fare tappa in quello di Agrigento definendo “tragica” la condizione del reparto maschile. “Muri sporchi, acqua calda a fasce orarie e docce da ristrutturare a causa della condensa e della muffa. Punto particolarmente critico – scrivono in una nota i Radicali italiani – le poche ore destinate all’assistenza psicologica, infatti solo due psicologhe per 374 detenute con un contratto di 16 ore al mese, visite mediche tre volte a settimana. L’ambulatorio odontoiatrico è chiuso da parecchi mesi e i detenuti chiedono interventi, presso medici convenzionati, all’esterno, ma per ovvi motivi quali traduzioni e alle prenotazioni attendono anche otto mesi. Nel carrello degli infermieri mancano le medicine, assente il dermatologo, il cardiologo e soprattutto lo psichiatra per i numerosi detenuti in terapia neuropsichiatrica.” Nella relazione si fa anche cenno alla carenza di figure come quelle degli educatori e di aree particolari per l’attività sportiva. Facendo un ulteriore passo indietro, lo scorso settembre, l’ufficio di sorveglianza del Tribunale di Reggio Calabria ridusse di 71 giorni la pena detentiva di Carmelo Cacciatore per una “sistematica e non episodica lesione dei diritti del detenuto in un sovraffollato contesto detentivo” violando l’art. 3 della Convenzione EDU. Cacciatore, arrestato nell’operazione “Maginot” in cui fu smantellata la rete di  fiancheggiatori del boss Falsone,   fu detenuto ad Agrigento dal Luglio 2011 al Febbraio 2016. Ed è  proprio la Direzione del Carcere di Agrigento – in una nota trasmessa il 13 settembre scorso all’ufficio di sorveglianza del Tribunale di Agrigento nell’ambito del ricorso presentato (e accolto parzialmente) nella vicenda Cacciatore – a descrivere la sezione di Alta Sicurezza dell’istituto: “Le singole stanze misurano 2,85x 4,50 metri e detratto il bagno e le adiacenze del bagno misurano 10,6mq. […] Le docce sono comuni, funzionanti con acqua calda e fredda, fruibili tre volte a settimana. […] L’impianto di riscaldamento è in avaria da svariati anni e – tuttavia considerando il clima mite – il maggior rigore climatico è limitato a brevi periodi.”

Negli scorsi giorni è intervenuta anche la Cisl che ha scritto una missiva al Prefetto di Agrigento per denunciare le condizioni del personale che opera all’interno del Carcere Petrusa: “ La questione è grave sotto ogni profilo  – si legge nella nota – e la domanda che ricorre in questi casi è: Cosa bisogna attendere per intervenire con rapidità ed efficienza prima che succeda il fattaccio? E’ assurdo che un intervento tecnico per ripristinare le linee telefoniche di una comunità come quella del penitenziario debba attendere i tempi  di una normale richiesta come se si trattasse di una normale  utenza domestica cosi come è altrettanto inaudito e intollerabile che un intera popolazione detenuta venga lasciata senza acqua calda. Chiedo l’intervento di tutte le Autorità preposte prima che qualche altro mio collega debba pagare il prezzo di una deficitaria e incauta gestione della cosa pubblica.”