Omicidio di Teresa e Trifone: quelle telefonate piene d’ansia

I messaggi molesti dal profilo anonimo di Facebook ormai erano solo un brutto ricordo. Da mesi Teresa Costanza non ne riceveva più. Eppure qualcosa – o piuttosto qualcuno – continuava a turbare la giovane coppia di fidanzati, freddata poi dal killer la sera del 17 marzo, nel parcheggio del palasport. Lo riporta in un articolo di qualche giorno fa, il Messaggero veneto.

Mai però Teresa e il suo fidanzato avrebbero pensato che il loro stalker si sarebbe trasformato in un carnefice. Pensavano di aver già archiviato da tempo la questione. Il militare di Adelfia aveva capito chi si nascondeva dietro quel profilo anonimo: conosceva troppi dettagli della sua quotidianità, comprese le marche dei suoi due telefonini.

Una preoccupazione testimoniata dal papà di Trifone Ragone, Francesco, che ha raccontato agli inquirenti dell’ultima telefonata ricevuta dal figlio, la mattina del 17 marzo. Il papà percepì una certa preoccupazione in quelle poche parole scambiate con Trifone e in famiglia il discorso era caduto in passato su una presenza fastidiosa nella vita del figlio.

Dai faldoni dell’inchiesta sul duplice omicidio di via Interna affiorano, però, anche altri spunti. Tanti cittadini hanno risposto, nel corso degli ultimi dieci mesi, animati da buone intenzioni: quella di poter dare il proprio contributo alle indagini. Fra le segnalazioni sottoposte al vaglio degli inquirenti, ne affiora una.

Teresa Costanza, poco prima di ritornare al palasport a prendere il suo fidanzato, si sarebbe fermata in un locale e avrebbe chiesto in prestito il cellulare all’esercente per fare una telefonata. La giovane sembrava agitata e si è allontanata dal locale, camminando e conversando.