Sciacca, omicidio Cangelosi, parla Celeste Saieva: “Non ho ucciso mio marito” (video)

Celeste Saieva

Stasera, con una formidabile intervista di Franca Leosini (Storie maledette, Rai3), Celeste Saieva, 29 anni, oltre cinque al chiuso di una cella, madre di due figli ancora giovanissimi, condannata a 30 anni di carcere per l’omicidio del marito, Michele Cangelosi, ha raccontato la sua storia.

Una storia che Grandangolo ha seguito con particolare attenzione e che, prima di ogni altro organo di informazione, ha scandito, in anticipo, tempi e sequenze.

Siamo stati i primi a raccontare del movente passionale (lo sapevano tutti a Sciacca, teatro della tragedia ma non lo scriveva nessuno) e siamo stati i primi, e prima ancora dell’arresto (appena poche ore) ad indicare nella moglie del Cangelosi (Celeste Saieva, appunto) la persona sulla quale si erano posati forti sospetti (lo sapevano tutti a Sciacca, compreso la Saieva e stasera ne abbiamo avuto la conferma, ma nessuno lo scriveva. E questo non ci ha evitato un processo per rivelazione del segreto (di Pulcinella) istruttorio).

Celeste Saieva e Franca Leosini

Ci ha sorpreso Celeste per la sua lucidità, per il modo di esporre le cose, per la determinazione con la quale ha negato di essere l’autrice, insieme al suo nuovo amore Nicola Piazza, del delitto (i due, insieme a Paolo Naro sono stati condannati a 30 anni di reclusione, sentenza definitiva nel novembre scorso, mentre per il quarto imputato, Giuseppe Bono, minorenne all’epoca dei fatti e reo confesso la condanna è stata pari a 9 anni e 4 messi di carcere).

Ci ha sorpreso la determinazione, l’atteggiamento, il suo modo di porgersi. E ci ha sorpreso, positivamente, rivederne l’immagine. Eravamo fermi alle foto di famiglia pubblicate subito dopo la scomparsa del marito o quelle, orribili,  segnaletiche che mostravano una giovane donna cupa, buia, di nero vestita, In una sola parola: vinta.

Celeste Saieva, foto segnaletica

Noi conoscevamo un’altra donna: quella che emergeva dalla carte del processo, dai verbali dei carabinieri, dai boatos di piazza che prim’ancora del processo la davano colpevole e spacciata.

Facciamo ammenda.

Bisognava andare oltre ciò che era processuale, cogliere ulteriori elementi, raccontare una storia, triste e brutale, che andava nutrita anche con le parole dei diretti protagonisti.

Intendiamoci: la sentenza definitiva mette una pietra tombale sulle responsabilità di Celeste.

E questo va rispettato sino a prova contraria.

Tuttavia, uno sforzo maggiore, forse, avrebbe arricchito di contenuti e conoscenze l’opinione pubblica e la pretesa verità non processuale.

L’intervista di Celeste Saieva è possibile seguirla integralmente, e raccomandiamo di farlo, sul sito di Storie maledette di Franca Leosini su Rai3.

Celeste Saieva con il marito Michele Cangelosi

Come noi riceverete una scossa.

Che non sarà una sentenza definitiva ma sa molto di civiltà.