Card. Montenegro: “Se Agrigento non è quella che dovrebbe essere la colpa è di tutti noi”

Festa di San Calogero, la funzione religiosa

L’ennesimo bagno di folla, l’ennesimo tributo di affetto, amore e venerazione per San Calogero, il santo di Agrigento.

Stamani è stato un tripudio di gioia, fede, colori, emozioni e tradizione.

Amatissima ed irrinunciabile, la particolare festività viene vissuta dagli agrigentini con trasporto e devozione.

Come da tradizione vuole, la prima domenica “di San Calò”, la messa delle ore 9 è stata presieduta dall’arcivescovo, card. Francesco Montenegro, che per l’occasione rivolge ai numerosi fedeli presenti in Santuario e alla città un messaggio.

Festa di San Calogero, l’abbraccio dei fedeli

Nell’omelia, quest’anno il cardinale Francesco Montenegro, si è soffermato sulla figura dei santi, “modelli e pietre miliari”, ed ha rivolto un monito ai cristiani di Agrigento a non omologarsi alla mentalità comune per essere testimoni credibili del Vangelo nella città e di amarla.

Riportiamo, di seguito, il testo integrale dell’omelia del Cardinale: “Per i credenti – ha detto il Cardinale – i santi sono insieme modelli e pietre miliari. Infatti non solo indicano la direzione da prendere ma anche ci aiutano a comprendere se il ritmo del nostro passo nel cammino della fede è quello giusto. I loro gesti e i loro comportamenti ci aiutano a capire cosa significa essere sale della terra e luce del mondo. Tutti loro hanno vissuto con generosità, senza cercare il loro interesse, sono stati donne e uomini di misericordia, anche quando hanno dovuto pagare di persona, hanno sempre creduto che il bene è più forte del male e la mitezza della prepotenza. Ci fanno conoscere – ha proseguito il cardinale – il cuore misericordioso di Dio. Per loro conta più il servizio che l’indifferenza, il bene comune che i fatti propri o di gruppo, i bisogni degli altri che il proprio guadagno, i valori che il quieto vivere. Ancora una volta mi piace ripetere quella frase che dice: «Santità è vivere una vita tale che se non si potrebbe spiegare se Dio non esistesse». Viviamo in un tempo e in territorio non facile. C’è tanta indifferenza nei confronti di Dio, degli altri, dei valori alti, della legalità, del rispetto della vita.

Anche noi credenti – ha ammonito il l’Arcivescovo – corriamo il rischio di omologarci alla mentalità comune vivendo una fede a basse calorie, da prendi tre e paghi due, di non essere impregnati di Vangelo, di vivere senza lasciare traccia del nostro passaggio. Questa situazione fluida e difficile non riesce a nascondere la nostalgia di Dio che c’è in tanti uomini. Tocca a noi far “vedere Gesù” a loro. Lui ha noi per mostrarsi! Anzi noi siamo oggi la continuazione della sua presenza nel mondo. Per riuscire dobbiamo, come ha fatto Gesù, andare contro corrente: essere cioè “cristiani significativi e dimostrativi”. S. Calogero questo ce lo fa capire tenendo in mano la Bibbia, che ricorda il suo forte bisogno di Dio e la cassetta in cui conservava il necessario per curare e aiutare quanti erano nel bisogno.

Festa di San Calogero, l’omelia del cardinale Montenegro

Vivere la fede oggi – ha affermato – significa accettare il “martirio bianco”, – così è stato per tanti santi – quello cioè senza versamento di sangue, perché fatto di testimonianza quotidiana, coraggiosa e visibile. Vivere la fede non vuol dire solo rispettare le norme, anche se buone, ma obbedire sempre alla parola di Dio. Vivere la fede non significa partecipare alle manifestazioni esterne (non è detto che la processione sia per tutti segno di fede, potrebbe essere solo segno dell’appartenenza alla propria città), ma significa avere ogni giorno, in famiglia e fuori, un cuore pulito e pieno di Dio. Non sono solamente l’acqua e l’aria a essere inquinati, ma lo sono anche e soprattutto i cuori e i comportamenti.

Aumenta la corruzione a tutti i livelli, essa colpisce sia il semplice impiegato od operaio, che si assentano dal lavoro senza motivo, che approfittano disonestamente per guadagnare di più, che timbrano per gli altri il cartellino di presenza, come anche chi gestisce in varia maniera la cosa pubblica. Possiamo prenderci in giro tra noi, ma non possiamo prendere in giro Dio e la nostra coscienza. Non si agisce da cristiani quando ci si scusa dicendo che anche gli altri fanno la stessa cosa, quindi che male c’è … Il Signore guarda i cuori e non riusciremo mai a incantarLo con le nostre finte e subdole azioni. Il cuore è la sorgente di tutto! Gesù chiede amore, misericordia, rispetto e accettazione reciproca nonostante le diversità. Ci ricorda, con la parabola del samaritano, che non basta la religiosità a farci essere o sentire buoni cristiani. Ci dice che l’amore per Dio e per il prossimo sono le due facce di un unico amore. Dice che ciò che facciamo agli altri è fatto a Dio. Non Gli va che facciamo le cose solo per Lui, dimenticandoci del prossimo o restando indifferenti alla storia di tanti fratelli. Questo ce lo segna come colpa.

Abbiamo un solo cuore – ha proseguito il Cardinale Montenegro – e con questo unico cuore vanno amati insieme Dio e i fratelli. Non sono possibili due velocità diverse. Dio non è geloso dell’uomo, ecco perché ci dice che quanto facciamo ai fratelli è fatto a Lui. Immagino che in questo momento qualcuno di voi sta pensando che metto il solito disco che parla di poveri e di immigrati. Sì, è così, (qualcuno mi dice che esagero a parlare sempre di questo), ma io mi sento sereno quando vi parlo di ciò, anche perché come vi ho detto in altre occasioni che se dal libro del Vangelo si tolgono i poveri resterebbe solo la copertina o se dalla chiesa togliamo i poveri resteremmo senza Cristo.

Ma in questo momento penso anche ai nostri rapporti di cittadini di Agrigento. Sbaglio a pensare che tante volte, da parte di tanti, si agisce come se gli altri non esistessero, sentendosi ognuno il centro del mondo o della città?

Manca frequentemente il rispetto per le cose di tutti; ognuno pensa a se e per se. Basta riferirsi alla pulizia della città, ai muri imbrattati, al rispetto delle regole stradali … Non facciamo diventare la nostra città un luogo invivibile. Non pretendiamo che gli altri cambino e si comportino bene, mentre con la scusa che siano rispettati i nostri diritti assumiamo atteggiamenti anche prepotenti, fingendo di dimenticare che abbiamo anche dei doveri verso gli altri. È vero che non sono poche le cose di cui lamentarsi, ma è viltà farlo senza scendere in campoaspettando che lo facciano gli altri, nascondendoci dietro la facile rassegnazione e la comoda passività. La città, per esempio, sta per essere privata un po’ alla volta del centro universitario, ma la cosa sembra che interessi a pochi. Mi chiedo perché tante cose devono passare sopra le teste di tutti. Se è così, non abbiamo il diritto né di borbottare né di lamentarci. Troppo facile il farlo, ma non è onesto. Lo ripeto da sempre: se Agrigento non è quella che dovrebbe essere la colpa è di tutti noi. È con misericordia che dobbiamo condividere la nostra appartenenza a questa città.

Ritornando a s. Calogero, ricordiamoci perciò che non saremo giudicati sulle cose di Dio (non chi dice: Signore, Signore…), ma su quelle compiute agli uomini (vestito, accoglienza, pane …). “Io sono il Cristo che tu perseguiti” si sentì dire S. Paolo. È il Signore stesso a identificarsi con chi è nel bisogno. Ignorare l’ altro, povero o no, straniero o dei nostri, è ignorare Cristo, è giudicarLo e non volerLo vicino a noi. Il sacerdote e il levita ci ricordano che è possibile amare Dio senza dare amore al prossimo, ma il farlo è metterci anche noi dalla parte sbagliata. Dice Gesù: “chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio”. Ci si può salvare senza “le cose di Dio”, ma non senza l’amore per gli uomini.

Chiediamo a s. Calogero di aiutarci a vedere gli altri, concittadini e stranieri, con lo stesso sguardo di Dio, di amarli con lo stesso suo cuore, di andare oltre le forme esteriori di fede per diventare anche noi, come Lui, in Agrigento portatori di luce, di speranza e di gioia.