Agrigento, stile e bellezza sono soltanto una opinione?

La bellezza. 

In parecchi dicono che non esiste e un detto popolare ribatte che non è bello quel che è bello ma è bello quel che piace.

La bellezza salverà il mondo, annunciava il principe Miskin nell’Idiota di Dostojevski e forse non per caso lo scrittore russo lo fece annunciare da un “Idiota”. Per non parlare poi dello stile che di solito non dovrebbe essere “acqua” secondo un noto detto.

La Valle dei templi è integra ma la città è brutta con quei palazzoni – ci confermava anni fa Vittorio Sgarbi, risolvendo così una polemica che in quel tempo infuriava coinvolgendo perfino il Presidente della Repubblica Scalfaro e altri strumentali detrattori.

E gli architetti?  In fatto di stile dovrebbero anche loro rivedersi e imparare molto, ci diceva l’attuale assessore Mimmo Fontana in una intervista a Grandangolo. Forse dovremmo imparare un po’ tutti in fatto di stile e bellezza soprattutto quando gli amministratori prendono  decisioni che attengono all’”anima” di una città. Una attenzione che  sfugge agli amministratori spesso fagocitati e sovrastati  da Kapò  regionali e clientele cittadine che poi risultano poco credibili all’opinione dei cittadini comuni.

Cittadini che spesso non trovano l’opportunità di far sapere la loro impressione  dopo che i fattacci avvengono etero-guidati da un potere sovrano e castale.

Per esempio è stato difficile per il Parco Archeologico dire di no a una iniziativa dell’Accademia di Studi Mediterranei che l’anno scorso ha sistemato  lungo la “sacerrima” strada che porta dal Tempio di Giunone a quello della Concordia una lapide recintata con dedica a Padre Puglisi.

“Il luogo riservato ai giusti è assai significativo e importante però bisogna saper trovare i luoghi che si adattano a questo scopo.

L’opinione è di Paolo Cilona che di turismo è stato responsabile nella nostra città:” In parole povere se  c’è  la croce collocata in piano san Gregorio in ricordo della visita del Papa e soprattutto perché da quel luogo  il Papa lanciò l’anatema contro i mafiosi e se padre Puglisi è stato vittima della mafia e quindi martire della mafia e uomo giusto, il miglior posto da assegnare  era a ridosso della croce di piano san Gregorio. Per non creare ulteriore utilizzo della strada che da Giunone porta al Tempio della Concordia che diventerebbe un cimitero viario e questo non possiamo consentircelo”.

Occorre più stile da parte degli amministratori.

“Basterebbero consapevolezza e rispetto del sito della Valle dei Templi. Che ha un valore inestimabile per l’umanità intera. Quindi rispettiamola e qualsiasi altra iniziativa serva solo a  diffonderne il valore. L’area destinata ai giusti sia il Piano san Gregorio e una targa sia bastevole per ricordare i giusti. Massimo rispetto, sia chiaro,  per don Puglisi   per il bene che ha fatto non solo al quartiere Brancaccio”. 

Conto e ragione chiede ed espone Mario Gaziano sullo stile adottato per le piazzette san Giuseppe e Lena. Che ricorda come “il progetto zambutiano di arredare parti del centro storico con testimonianze classiche, approvato dalla regione con fondi speciali e specifici, ha subito una distorta interpretazione dalla nuova amministrazione Firetto. Cosi che Piano Lena (nella discesa Matteotti, o come vuole la tradizione popolare, Via Bac Bac) e Piazzeta San Giuseppe hanno subito una forzatura priva di qualsiasi consistenza storico-culturale e altresì priva di una qualche utilità turistica. Allora,ignoranza,o propriamente arroganza del potere,o ferma continuità della politica del “fumo negli occhi”?

Cosa avresti proposto in merito?

“Piazzetta San Giuseppe è spazio vitale di una porzione del nostro centro storico, riferimento logistico di tre importanti strutture pubbliche o al servizio dei cittadini: Camera di commercio, Uffici comunali di primissima importanza sociale, Ufficio postale di grande affluenza, dunque perchè scombinare quella piazzetta con ampi e pericolosi scivoli per colti riferimenti a Cicerone e Lucrezio Caro? Bastava e basterebbe avere il coraggio sociale, culturale e politico di cambiare, con facilità e scarsissima spesa, che (a confronto delle spese affrontate per queste discutibili iniziative) sarebbe poca cosa: spostare questa struttura così com’è in una delle villette che insistono su Porta di ponte: la villetta Garibaldi, o la Villetta Castellana, o ancora la Villetta Patti, retrocesse a loro volta, durante la Sagra del Mandorlo, a miserandi mercati di serie D. E lo stesso si potrebbe facilmente realizzare per Piano Lena (così com’è sembra, ma per fortuna non è, zona terremotata). Con pochissima spesa e con la dimostrazione, per una volta, che ad amministrare la cosa pubblica vi sono persone illuminate e consapevoli della nostra storia. Agrigento merita molto di più che una disordinata e velleitaria programmazione artistico-culturale, voluta da una super-commissione di cui faceva parte lo stesso sindaco”

Ineffabile diventa l’attrice Lia Rocco quando le  chiediamo  “di cosa parliamo quando parliamo di teatro”. Una piccola lectio con  una sequela di frasi chiave che potrebbero fare arrossire più di un amministratore e più di un direttore artistico.

Nella teoria teatrale pirandelliana il Teatro è il luogo della metamorfosi. Un luogo nel quale il pubblico è parte essenziale della messinscena. Nel Teatro la comunità può incontrarsi per informarsi, confrontarsi, divertirsi, intrattenersi. C’è uno stretto rapporto tra un teatro, luogo di rappresentazione, e la comunità per la quale è stato costruito, perché il Teatro è una delle forme più aperte e disponibili di comunicazione. Diceva  Giorgio Strehler:  “Noi non crediamo che il teatro sia un’abitudine mondana o un astratto omaggio alla cultura. Non vogliamo offrire soltanto uno svago. Il teatro è il luogo dove una comunità, liberamente riunita, si rivela a se stessa, un luogo dove una comunità ascolta una parola da accettare o respingere. Perché, anche quando gli spettatori non se ne avvedano, questa parola li aiuterà a decidere nella loro vita individuale e nella loro responsabilità sociale”.

Quindi vogliamo dirlo chiaro, ora che i giochi sono stati completati, a che cosa dovrebbe servire il nostro  Teatro Pirandello?

“Questo Teatro deve essere capace di raccogliere intorno a se le migliori energie artistiche del posto per dare vita ad una compagnia stabile a cui affidare messinscene dei nostri Autori. Naturalmente tutto questo ha bisogno di essere pensato, progettato, realizzato nel tempo; ha bisogno di essere affidato a persone competenti; ha bisogno di tenacia e perseveranza nella certezza che il Teatro, raccontandoci poeticamente la realtà, ci aiuta a interpretarla, ci aiuta ad alzarci dal grigiore, dalla mediocrità del quotidiano per assaporare e gustare la vita.  Nella consapevolezza che il teatro forse è superfluo, ma allora “di superfluo si vive”. Il Teatro è un luogo dove si incontra la Bellezza e si impara a riconoscerla. Un teatro che attira il maggior numero di spettatori possibile è un teatro che insegna a riconoscere la Bellezza e a non poterne fare a meno”.

Sicuramente proprio perché queste “allusioni”  della bellezza appaiono lunari ai nostri amministratori, vogliamo mostrare al lettore  altre  foto che documentano come altre “bellezze” rimangono  nascoste ai più come la grotta micenea che lo storico Ugo Bella di Campobello di Licata scoprì  nelle  campagne di  Canicattì.

La grotta potrebbe costituire un percorso poco usuale per turisti più colti  mentre per far rinsavire i turisti  analfabeti potrebbe bastare la visione (nella foto) di questa parete di una chiesa di Bivona. Una sontuosa facciata che evidentemente non ha fatto inorridire le soprintendenze e né gli ambientalisti.

Comunque se ne riparlerà.