Ex sindaco di Licata Balsamo assolto da calunnia e corruzione in atti giudiziari: Procura presenta appello

La sentenza venne emessa il 26 novembre dello scorso anno e recitava quanto segue, come riportarono allora i mass media: “L’ex sindaco di Licata Angelo Balsamo è stato condannato dal Tribunale di Agrigento a due anni e sei mesi di reclusione.
L’accusa aveva chiesto sette anni e sei mesi. Con l’ex sindaco e avvocato Balsamo erano imputati anche Francesca Bonsignore, e l’imprenditore Carmelo Malfitano che sono stati condannati rispettivamente a tre anni e sei mesi (la Procura aveva chiesto cinque anni) e un anno (richiesta di un anno e sei mesi).
Balsamo e gli altri imputati erano accusati di corruzione in atti giudiziari, falsa testimonianza, calunnia e – nel caso di Malfitano – di favoreggiamento, nell’ambito di un risarcimento per un incidente stradale. Bonsignore è stata condannata per corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza mentre Balsamo per il concorso in falsa testimonianza e assolto dall’accusa di corruzione in atti giudiziari e calunnia. Tutti e due sono stati anche condannati a risarcire l’assicurazione. Parte civile nel processo sono la Unipol Sai e Mary Ann Casaccio.
Da ricordare come il Gip Francesco Provenzano nel febbraio 2015 abbia disposto l’archiviazione del procedimento intentato dall’avvocato Balsamo, nei confronti delle sorelle Casaccio. Il legale denunciò le due per tentata estorsione. Il Pm ha sostanzialmente contestato a Balsamo di avere ottenuto più soldi (11 mila euro) di quanti gliene sarebbero toccati come parcella per il lavoro svolto nella causa per l’incidente stradale del figlio della Casaccio.
Per il solo ex sindaco Balsamo, la Procura di Agrigento attraverso l’aggiunto Ignazio Fonzo e il sostituto Salvatore Vella hanno presentato appello e ritengono che l’ex primo cittadino di Licata andava condannato anche per i reati di calunnia e corruzione in atti giudiziari.
Adesso la vicenda verrà esaminata dai giudici della Corte d’Appello di Palermo ai quali si sono rivolti i pubblici ministeri agrigentini ritenendo lacunosa la sentenza di primo grado del Tribunale.
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