Palma, tentato omicidio Provenzani: Ingiaimo racconta la sua versione in aula

Prosegue il processo a carico dei palmesi Domenico Sambito, 68 anni, e Salvatore Ingiaimo, 27 anni, accusati del tentato omicidio ai danni di Diego Provenzani, 49 anni, alias “Patata”, la sera del 14 dicembre 2015, a Marina di Palma. Furono esplosi quattro colpi di calibro 9. Quasi un anno più tardi, il 26 ottobre 2016, scatta l’operazione “Survivor – sopravvissuto” in cui vengono arrestati Ingiaimo e Sambito. In effetti, Diego Provenzani può, a ben ragione, ritenersi un sopravvissuto.
Il tentato omicidio per gli inquirenti della Squadra Mobile di Agrigento, guidata da Giovanni Minardi, e del Commissariato di Palma, agli ordini di Angelo Cavaleri, affonda le sue radici nel desiderio di vendetta per un “torto” subito 29 anni fa quando l’armeria di Domenico Sambito (in verità titolare era la moglie) subì un furto di cinque pistole, quattro delle quali vennero restituite. Correva l’anno 1997.
Davanti il collegio presieduto da Giuseppe Milesenda Giambertoni (a latere Caruso e Tedde) è stato ascoltato – per l’esame dell’imputato – Salvatore Ingiaimo, che di mestiere fa il parrucchiere. Quest’ultimo, a differenza di Sambito, è giudicato con il rito abbreviato. Ingiaimo, quella sera, era alla guida dell’Alfa 159 da cui partirono i colpi d’arma da fuoco.
Il racconto dell’imputato è circoscritto ai momenti pre e post attentato ribadendo, in ogni caso, di non essere a conoscenza dell’imminente attentato nei confronti del Provenzani ma che, invece, il Sambito volesse solamente parlargli.
“In prossimità di Marina di Palma Sambito mi disse di affiancare con l’auto lo scooter di Provenzani e così ho fatto. Quando, però, ho sentito i primi spari – sicuramente più di uno – mi sono subito fermato. Provenzani ha fatto una inversione a U con lo scooter. Anche io feci la stessa manovra raggiungendolo circa 1 km dopo. In quel momento il suo scooter era davanti alla mia auto e sentì nuovamente sparare. Provenzani cadde e il motore è andato a sbattere contro la mia auto. A fatto compiuto ho lasciato il Sambito a casa. Quando Provenzani fu dimesso dall’ospedale e ritornò a casa andai personalmente a trovarlo. Quando era ricoverato il padrino di mio zio andò in ospedale a preannunciare una mia volontà di chiarimento perché non sapevo nulla dell’attentato”.

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