Blitz “Alta tensione”: Carabinieri scoperchiano pentolone inesplorato

Un momento della conferenza stampa tenuta dal ten. Nicolò Morandi, dal cap. Ernesto Fusco e dal ten. Giuseppe Scotto Di Tella

Una volta si diceva, auto-compiacendosi, una brillante operazione.

E noi giornalisti quando leggevamo nel comunicato stampa le due parole magiche “brillante operazione” sapevamo già che di brillante c’era ben poco.

Questa volta, tuttavia, brillante operazione calza a pennello. Perché il lavoro dei carabinieri, guidati dal capitano Ernesto Fusco e dai tenenti Nicolò Morandi e Giuseppe Scotto di Tella, è stato davvero meticoloso, certosino fatto di pazienti, talvolta snervanti, attese. E di intuizioni.

Con l’operazione “Alta tensione” è stato scoperchiato un pentolone di cui già si sapeva qualcosa ma certamente non sapevamo che proprio i verificatori Enel fossero i protagonisti della vicenda. Scriviamo ogni giorno di furti di corrente e di arresti, ormai è routine. Un cittadino su tre non vuole pagare la corrente. E la provincia di Agrigento, anche in questo caso negativo, detiene più di un record.

Il ten. Giuseppe Scotto Di Tella, il cap. Ernesto Fusco e ten.Nicolò Morandi

Il commerciante, il ristoratore, il privato cittadino, il medico, il veterinario, l’industria delle ceramiche e dei formaggi. L’agriturismo e il bar. Anche l’agricoltore che vuole irrigare i suoi campi a costo zero e vendere i suoi prodotti a prezzo pieno.

Insomma, un casino.

E poi, i controllori che avrebbero dovuto essere controllati (come avvenuto).

Chi doveva verificare l’illecito di un allaccio abusivo non lo faceva. Anzi, a caccia di soldi, creavano il presupposto per chiedere la tangente all’ignaro esercente che talvolta cedeva.

Non come nel caso di Gregorio Bonsignore, titolare di una sala giochi (Laser games) che trovandosi davanti i due verificatori Enel, Giovanni Trupiano e Domenico La Porta che chiedevano un regalo per chiudere un occhio (e lo sprovveduto Bonsignore voleva offrir loro un caffè) e pretendevano 2000 euro (anche a rate) ha pensato bene di rivolgersi ai carabinieri fornendo loro i video registrati dall’impianto di sorveglianza (sprovveduti anche i verificatori).

L’operazione non solo mette a nudo il malcostume ormai diffuso di chi noin vuol pagare la corrente elettrica ma svela ciò che nessuno immaginava: il personale Enel pagato per verificare e denunciare allacci abusivi, creava allacci abusivi.

E con molteplici finalità: in favore di terzi, negozi, aziende ed in favore di essi stessi comandati di provvedere alle verifiche.

Si, perché l’indagine ha svelato che i due indagati creavano allacci abusivi per poi scoprirli e far vedere che erano bravi nel loro lavoro.

Creavano e denunciavano ignoti, sequestrando cavi e materiale elettrico. E per fare ciò, sia in favore di terzi che per fini propri, scavavano, ponevano tubi e fili, interruttori e attraversavano da parte a parte pezzi di strade pubbliche, Geniale.

Geniale si, perché poi i controlli chi li faceva? Loro, proprio i due indagati.

Circostanza che facevano valere ogni qual volta interloquivano con chi si allacciava a abusivamente alla rete elettrica: “Stai tranquillo, dicevano. Tanto i controlli li facciamo noi”.

Geniale si ma fino ad un certo punto.

Sino a quando l’anonimo mister Bonsignore che allacci abusivi non aveva sollecitato e pagava regolarmente le bollette, ha denunciato i due facendo scoprire un ben più ampio giro di affari illeciti.

Le intercettazioni, impietose hanno mostrato anche una dose elevata di spregiudicatezza.

Il commerciante scovato con un magnete, si preoccupa e chiama, molto allarmato, i due verificatori. Questi ultimi non si scompongono e chiedono: “Ma lo hanno trovato nel negozio?

No – risponde il commerciante, – lo avevo spostato. Trovato nella campagna vicina.

Bene, rispondono gli indagati – allora dici che lo hanno messo loro.

Loro chi, dice il commerciante.

“I carabinieri”, affermano senza vergogna.

Carabinieri che hanno dovuto sorbirsi tutta una serie di insulti in diretta, mentre ascoltavano gli indagati intercettati. Mali paroli diciamo noi siciliani.

E “mali paroli” erano, che qui omettiamo di trascrivere.

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