Mafia e movida: ecco come il clan Laudani controllava le discoteche siciliane

Uno dei particolari più interessanti e, allo stesso tempo, preoccupanti che emerge dall’operazione “Vicerè”, eseguita la scorsa notte dai militari del Comando Provinciale di Catania, è sicuramente quello legato al rapporto che vi era tra il clan Laudani e la gestione di note discoteche della Sicilia Orientale compresi anche i rapporti degli affiliati al clan con figure di spicco del mondo della movida.

Ed è proprio l’unico pentito del clan Laudani, Giuseppe Laudani, nipote prediletto del patriarca della famiglia Sebastiano, a raccontare ai magistrati per filo e per segno da dove comincia questo morboso rapporto, quali sono le trame che lo percorrono e in che modo gli affiliati ne traevano vantaggio.

Proprio in questo contesto si inserisce la figura di uno degli arrestati dell’operazione “Vicerè”: Antonino Puglia.

Puglia, originario di Giarre, è uno dei volti noti della movida siciliana. Nato come dj e cresciuto nel mito degli eventi mondani, Puglia si ritaglia nel corso del tempo un ruolo di primissimo piano nel panorama siciliano della notte. Gestore di numerosi locali, amministratore del “Ma”, attività rinomata a Catania, ma soprattutto promoter degli eventi che, negli ultimi 15 anni, hanno determinato lo scenario del mondo della notte. Discoteche come Marabù, Taitù, Vola; tutti posti che, per le generazioni di giovani siciliani, dicono molto.

Secondo i racconti del pentito, Laudani e Puglia si conoscono nel 2004, proprio quando il nipote del capo famiglia esce dal carcere. L’intento, come dice lo stesso Laudani, è quello di riaffermare il predominio sul territorio e, con il controllo delle discoteche, si esercita oltre un reale esercizio di potere effettivo anche una specie di acquisizione di prestigio. Così Laudani, dopo l’incontro con Puglia, decide di riprendere il controllo delle estorsioni dei locali della movida, fino a quel momento esercitate dai clan di Giarre.

I soldi delle estorsioni venivano versati al clan Laudani ogni volta che si organizzava una festa con un aumento della “richiesta” ogni qual volta l’evento diveniva più grosso. Ma questa non era l’unica forma con cui Puglia doveva “accontentare” il clan. Infatti, come emerge dalle indagini, l’ombra della famiglia mafiosa era anche nel controllo della sicurezza dei locali. E qui, di particolare interesse, è un episodio: Giuseppe Laudani, allora latitante, decide di imporre l’assunzione di Alessandro Raimondo, uno dei 109 arrestati di ieri, considerato uno che all’interno dei locali creava solo noie. Puglia, invece, affida la sicurezza del locale a Ottavio Pizzino, titolare di una società legale che garantisce questo tipo di servizi. La controversia si risolverà con l’ingresso in tale società anche del Raimondo, favorendo così un controllo totale di numerose discoteche da questo punto di vista.

Per gli inquirenti Puglia assieme a Ottavio Pezzino, “pur non essendo stabilmente inseriti nel sodalizio mafioso dei Laudani, Puglia contribuiva, consapevolmente, all’arricchimento e al potenziamento di  suddetto sodalizio in particolare eseguendo queste attività:
– versavano una percentuale sui profitti derivanti dall’ attività di controllo della sicurezza nei locali notturni della costa;
– versavano una percentuale del profitto ottenuto dalla organizzazione delle serate presso i citati locali notturni;
– consentivano lo smercio in esclusiva di sostanze stupefacenti di vario genere, per lo più extasy, all’interno delle suddette discoteche soltanto a soggetti appartenenti al clan Laudani.

È per i locali di Giardini Naxos che Nino Puglia avrebbe chiesto il sostegno della famiglia Laudani. A servirgli sarebbe stata una mano nell’organizzazione delle serate e nella scelta della security.  Secondo il pentito, Puglia avrebbe così anticipato le mosse “mettendosi a posto” per il futuro e, sempre secondo il pentito, per intraprendere anche altre redditizie attività economiche.