Se l’arcivescovo di Agrigento Giovanbattista Peruzzo era definito “il console di Dio”, mons. Domenico De Gregorio ne è stato il suo cantore e ambasciatore.
Da circa dieci anni ormai la Chiesa agrigentina dedica ricordi e omaggi a mons. De Gregorio, prima intitolandogli il sagrato della Cattedrale di san Gerlando e poi con diversi volumi biografici che ne hanno messo in rilievo la sua figura sacerdotale e intellettuale.
Ultimo in ordine di tempo il libro scritto da don Giuseppe Ferranti dal titolo “Mons. De Gregorio perla della Chiesa agrigentina” che dedica buona parte al De Gregorio direttore dell’”Amico del popolo” settimanale della Curia e di cui Ferranti fu il direttore responsabile. Quasi a conferma che la storia – come soleva dire De Gregorio – non è definitiva perché ad ogni risposta che offre, pone interrogativi per ulteriori domande: anche per la storia nasce “a pie del vero il dubbio”.
Non potrà dunque mai esaurirsi nella sua oggettività e imparzialità; miniera inesauribile, lavoro di Sisifo”. E di esplicitarne il senso di questa frase si è incaricato Settimio Biondi chiamato ad un ricordo del personaggio insieme a don Lombino che si era già occupato del monsignore in maniera attenta e devota.
Biondi affronta i ricordi di De Gregorio e li analizza sotto varie sfaccettature persino scomode e controverse, da laico intellettualmente onesto. Difficile trovare, per ovvii motivi, la stessa franchezza nei confratelli di mons. De Gregorio che appaiono ancora pervasi e impregnati della direzione pastorale dell’arcivescovo Peruzzo e del suo cantore De Gregorio. Quasi una Chiesa agrigentina ancora in fase pre-bergogliana e sicuramente avviata oggi sotto ben altra guida ad una schiettezza che ridimensionerà i giorni della onnipotenza rituale che trionfò fin dalla “teocrazia dei 500 anni” .
Tanto durò questo Welfare della Chiesa così ben teorizzato storicamente da Settimio Biondi ed evidentemente poco masticato se non proprio rigettato dagli storici ecclesiasti. Comunque un necessario e bel ricordo che arricchisce la figura di mons. De Gregorio e testimonia come la Chiesa agrigentina sia stata nei secoli promotrice di avanzamenti culturali e sociali che la politica se li sogna. Per questo diciamo che mons. De Gregorio sarebbe stato felice di essere ricordato nella Biblioteca Lucchesiana diretta da don Angelo Chillura che ancora una volta ha messo in mostra opere rare e di pregio che vanno “dal manoscritto al libro a stampa”.
Mostra che potrà essere visitata dal 26 maggio al 12 agosto 2016. Il visitatore potrà perdersi tra pagine ingiallite e incartapecorite, tra intrecci di racemi bianchi su fondi pezzati multicolori, frontespizi squamati. Lucchesi Palli ci sguazzava felice fra i 180 manoscritti i 32 rari e preziosi codici arabi mentre oggi è in mostra l’unica copia esistente dell’opera ”La Protesta dei messinesi” attribuita a Manfredi Zito del 1478, il “De divinis institutionibus” di Lattanzio stampata a Venezia nel 1472, la “Geographia” di Strabone del 1494, le “Storie” di Erodoto” in latino tradotte da Lorenzo Valla, il “De civitate Dei” di sant’Agostino e poi una “Historia naturalis” di Plinio il Vecchio. Senza poi dimenticare una “Divina Commedia” stampata da Manuzio a Venezia nel 1502. Insomma ce n’è per tutti i gusti. Come nei “gialli” che si rispettino lasciamo al visitatore appassionato altre scoperte.
Testo e foto di Diego Romeo