Agrigento, processo all’avvocato Picone: il Gip non decide e tutti sono contenti… (ordinanza integrale)

“Il fatto è diverso da come descritto nei capi di imputazione”: con questa motivazione il giudice dell’udienza preliminare Stefano Zammuto – scrive il sito www.agrigentonotizie.it – ha deciso di non emettere la sentenza del processo a carico dell’avvocato Francesca Picone e della sorella Concetta, consulente contabile di un patronato, accusate di estorsione e tentata estorsione ai danni di alcuni clienti dello studio legale.
La decisione del giudice è arrivata dopo le repliche del pm, delle parti civili (gli avvocati Giuseppe Arnone, Salvatore Pennica, Arnaldo Faro, Gisella Spataro e Daniela Cipolla) e dei difensori delle imputate, gli avvocati Angelo Farruggia e Annalisa Russello.
Per l’avvocato Picone, accusata di un episodio di estorsione consumato e due tentativi, sempre ai danni di clienti, il Pm aveva chiesto la condanna a 5 anni. Per la sorella Concetta, consulente di un patronato, che avrebbe fatto pressioni in uno dei tre episodi contestati, è stata proposta una pena di un anno e quattro mesi per un’accusa di tentata estorsione.
Secondo il giudice “i fatti emersi sono diversi da quelli contestati”.
La conseguenza è che gli atti sono stati restituiti alla Procura. Arnone, parla di “ottimo risultato”
Su posizioni opposte la difesa secondo cui “non è neppure detto che ci sarà un nuovo processo”.
Nuda e cruda tutta la vicenda, con il clamore mediatico che tutti conoscono, è questa.
Grandangolo ha pubblicato gli esiti di questo processo dopo aver visionato l’ordinanza – che pubblichiamo integralmente in favore dei nostri lettori – del giudice Zammuto e non certo perché qualcuno, cialtronescamente, ne sollecitava la diffusione

Picone ord 1
Picone ord 2
Picone ord 3
Picone ord 4

In rete si sono sprecati i commenti con le parti interessate che si dichiarano vincitori. Ma a parte il fatto ch ognuno tira acqua al proprio mulino, un solo commento ci convince ed è quello dell’avvocato Salvatore Pennica, questo: “Penso alla ordinanza di un giudice che trova concorde lo sceriffo e l’imputata e mi chiedo se sono diventato improvvisamente strabico”.
E continua: “Leggo e seguo il confronto civile sul contenuto della ordinanza che restituisce alla procura della Repubblica di Agrigento gli atti in cui persone offese sono soggetti con minorata difesa fisica: si chiamano invalidi e con un termine dolce i diversamente abili. In questo processo, avendolo vissuto, posso definirli gli adombrati o invisibili.
Anche il post ordinanza lo conferma: c’è chi elogia il giudice, chi è contenta, chi è soddisfatto ed io che non mi trovo in nessuna delle tre manifestazioni di giubilo, dico pubblicamente che sono indignato. Perché nel processo l’assenza delle associazioni di categoria, Unione italiana ciechi, sordi, ecc. ha consentito di adombrare il dato che mi indigna: in Italia c’è un sistema che non riguarda solo Agrigento è una prassi in cui gli avvocati regolarmente chiedono il 50% di ciò che spetta al disabile pena il decreto ingiuntivo come nel caso di specie…”.

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